Finalmente è legge il reato di omicidio stradale. L’auto viene trattata per quello che è: un’arma potenziale. Fa scandalo questa parola, infastidisce i più, ma è così. L’auto è un’arma e porta con sé una violenza intrinseca. Una tonnellata di materia lanciata a più di 30 km/h non può che essere un’arma. A 30km/h bastano 13 metri per fermare quest’arma, a 50 km/h ne servono il doppio. Se vieni colpito da un’auto lanciata a 50 km/h è come se cadessi dal terzo piano di un edificio. Hai solo il 50% di possibilità di sopravvivere. Più aumenti la velocità più aumenta la violenza dell’impatto. Bambino, gatto, cane, uomo, vecchio o ciclista che attraversano la strada d’improvviso senza guardare vengono fatti fuori. In Italia sono oltre 180mila gli incidenti stradali con lesioni a persone, 3mila i morti, quasi 260mila i feriti. Una carneficina, più di quella provocata dalla criminalità.

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Questa legge è sicuramente un passo avanti rispetto a prima, quando la maggior parte degli investimenti si risolvevano con pene minime, multe e patteggiamenti. Ci sono però alcuni punti oscuri, perché non ha senso diminuire fino alla metà la pena quando c’è il concorso colposo della vittima: tantissimi casi tragici avvengono perché i bambini attraversano senza guardare, o perché pedoni e ciclisti non sono sufficientemente visibili. E’ concorso colposo? Questa depenalizzazione è pericolosissima perché non tutela gli utenti deboli della strada. Un omicidio resta un omicidio, anche se la vittima è stata sbadata. Perché la strada è di tutti, le auto non hanno il diritto di spadroneggiare.

L’auto va disincentivata, non mi stancherò mai di dirlo. La motorizzazione privata non è un segno del progresso: il progresso sostenibile può essere solo all’insegna dei trasporti pubblici, della viabilità dolce, in bici o a piedi. Le auto inquinano l’aria, occupano spazio, il loro carburante deriva da fonti fossili, che alimenta conflitti e guerre, viene estratto trivellando i mari o il suolo (le stesse trivelle contro le quali è stato indetto un referendum il 17 aprile).

Se avessimo sempre a mente questi lati negativi, useremmo le auto il meno possibile, solo per le volte davvero necessarie e solo se non ci sono mezzi alternativi. E invece se ne abusa alla grande, si prende l’auto per ogni sciocchezza, a cuor leggero, anche solo per fare 500 metri o perché piove. E’ quasi diventata una protesi delle nostre gambe. La comodità e la velocità dell’auto allontana dalle nostre menti il suo potenziale letale e le sue esternalità negative sull’ambiente.

Ivan Illich diceva: le auto non dovrebbero viaggiare a velocità superiori ai 30 km/h, perché oltre una velocità critica nessuno può risparmiare tempo senza costringere altri a perderlo. Se ci fossero limiti di 30 km/h in tutti i centri abitati e 50 km/h fuori dai centri abitati, gli incidenti diminuirebbero vertiginosamente. Diminuirebbe anche il traffico, perché pochi avrebbero voglia di guidare un’auto lenta. La gente preferirebbe i mezzi pubblici, la bici, tornerebbe a girare a piedi.

D’altra parte non è un’idea così utopica e irrealizzabile, a Parigi dal 2013 un terzo delle vie sono con limite di 30 km/h. Lo stesso Consiglio Europeo per la Sicurezza dei Trasporti consiglia l’introduzione dei 30 km/h nei centri urbani. Fiab e Salvaiciclisti chiedono che questo limite sia inserito nella riforma del Codice della Strada come limite standard in tutti i centri urbani. Ma le lobby automobilistiche accetteranno di costruire bolidi costretti a viaggiare alla velocità di una bici?

E soprattutto noi cittadini sapremo rallentare i nostri frenetici ritmi di vita?

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