Mercoledì 24 febbraio con un film Rai 1 aveva raccolto 3,2 milioni di spettatori. Con la partitona di Coppa Italia tra Inter e Juventus zeppa di gol del 2 marzo ne ha messi insieme 7,9 milioni. Un risultato strepitoso, degno di una qualificazione della Nazionale, con 4,7 milioni di spettatori, pari a un quinto dell’usuale pubblico della sera, che hanno tradito le consuete scelte per concentrarsi sul match. Di questi, un milione tondo è stato costituito da maschi, specie i più giovani, scesi in campo per l’occasione e di solito impegnati a chattare o farsi una birretta altrove, dovunque, ma non davanti al televisore di casa in compagnia di mamma e papà.

Altri 3,5 milioni, e così siamo praticamente al totale dei sopravvenuti su Rai 1, sono maschi che il mercoledì scorso erano sparpagliati sugli altri canali, fra The Voice, Chi l’ha visto, La Gabbia, una partitella di Champions League (su una rete ancella di Mediaset), e l’assortimento vario dei canaletti cosiddetti tematici. In buona sostanza, gli uomini, davanti a una partita di alto livello, non esitano a buttare via talent, scomparsi, popolo incazzato, per non dire dei maestri di cerimonie e dei cuochi costantemente all’opera. Le donne invece si sono divise: fino alle quarantenni un numero discreto ha scelto la partita (forse stanno ancora combattendo per salvare le unioni più o meno civili); al di sopra di quell’età hanno fatto il contrario e, se sette giorni prima si erano viste il film su Rai 1, stavolta sono scappate altrove col telecomando, ma dirottando i compagni sul televisore della cucina.

La partita si giocava allo stadio Meazza di Milano e proprio la Lombardia si è mobilitata portando, lei da sola, a Rai 1 un milione di spettatori in più rispetto alla precedente settimana. Nell’insieme, un lombardo su 5 (e praticamente la metà di tutti i maschi della regione) era lì, se interista a tifare, se milanista a gufare. Molto più freddi, ma è carattere, i piemontesi che si sono limitati a qualche centinaio di migliaia di sbandieratori extra, più o meno come hanno tutte le altre regioni geograficamente meno coinvolte. Dall’insieme, comunque, si deduce che hai voglia a parlare di ambiente corrotto eccetera, che non fa che aumentarne il sapore e renderlo, ancor più della sue coreografie agonistiche, una fantastica metafora della guerra e della vita.

Nè ce la caveremo sospettando che questa è materia per persone rozze, poco sensibili ai “doverismi” della legge e dell’etica, giacché proprio i laureati, che come si sa in Italia sono pochi, ce l’hanno messa tutta, arrivando a triplicare la presenza che solitamente concedono a Rai 1. E in generale si osserva che la mobilitazione calcistica, a giudicare dalla serata, cresce fortemente al crescere del titolo di studio. La classe dirigente è lì, sugli spalti, magari lasciando le curve alla guida der “Pezzente” e der “Brutale”. Diversa istruzione, stessa passione. Da capire qual è la più vera.

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