Nel momento della massima febbre politica, ovvero nel 2013, quando succedeva di tutto, con Bersani che “non vinceva” le elezioni, Berlusconi che “non perdeva” e Grillo che aveva moralmente vinto il consenso degli italiani, ma senza ben sapere cosa farsene, Crozza nel Paese delle meraviglie si trovò ad estendere al massimo il suo pubblico, con una media dell’11% e passa di share tra marzo e aprile di quell’annata. Nel frattempo Napolitano veniva trattenuto a viva forza nell’incarico, Bersani rinunciava al governo e Letta ne metteva su uno insieme con Forza Italia. Un anno dopo era avvenuto di tutto, a partire dal fatto che iscritti e simpatizzanti del Pd, avevano scelto di cambiare passo e schema di gioco issando Renzi prima a capo del Partito (qualsiasi cosa si intendesse con questo termine) e poi a capo del governo.

Una volta data la spallata, una parte degli spettatori/elettori allentò la mobilitazione e già nella primavera del 2014 gli share di Crozza si ridimensionarono al 9%, un paio di punti al di sotto dell’anno precedente. E la contrazione è poi proseguita fino a stabilizzarsi ai due terzi del risultato ottenuto nel momento più caldo. Così stanno da due anni a questa parte, il programma di Crozza viaggia stabilmente fra il 7% e l’8% di share.

Pare evidente che, varcato il Rubicone della rottamazione, la platea abbia avviato la smobilitazione del surplus di attenzione fino allora assicurato alla satira (e, parallelamente, ai talk show politici, che proprio allora cominciano a entrare in affanno). Le più rapide e convinte a passare ad altro sono state le donne e le generazioni fra i 20 e i cinquanta anni, i gruppi che evidentemente avevano prestato alla satira una attenzione “congiunturale”, legata a problemi di fondo della situazione politica. Di contro, quelli che alla politica dedicano una attenzione permanente, e cioè i maschi più anziani, oltre i 65 anni, tanti (12,8%) erano nel 2013 e quasi altrettanti (12,4% nell’ultima puntata) sono restati nel corso degli anni. Tanto più se risiedono nei comuni più grandi (oltre 250.000 abitanti).

È probabile che la pur fedelissima base di sessantenni politicizzati e urbanizzati, sia troppo ristretta per fornire a un programma impegnativo come quello di Crozza una platea abbastanza estesa da compensare la spesa. Da qui, ci è parso di notare nell’ultima puntata (la prima della primavera), lo sforzo di accostare alla satira politica anche il filone della satira della televisione (la banda Floris, con Luttwak, Cacciari e soci era decisamente centrata). Potrebbe funzionare, sempre che non risultino d’impaccio i conflitti di interesse (verso l’agente, l’editore e i compagni di palinsesto attuali e futuri).

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