Un’esecuzione a colpi di fucile mentre l’uomo era già a terra. E’ questa l’accusa mossa contro gli agenti della polizia israeliana a guardia della Porta di Damasco, a Gerusalemme, che sabato hanno ucciso l’attentatore 20enne, Muhammad Abu Halaf. La questione è stata sollevata dopo la pubblicazione di un video da parte della tv qatariota al-Jazeera in cui si vede il giovane ripetutamente colpito dai proiettili delle forze di sicurezza israeliane quando già si trovava faccia al suolo. Le immagini mostrano infatti il ragazzo che cade a terra ferito, colpito da un primo sparo e sei soldati che fanno fuoco ripetutamente. “Quello che è accaduto è un’esecuzione. Potevano tranquillamente arrestare l’uomo, sopratutto dal momento in cui era già stato ferito”, così Elias Karram, a capo del team di Al Jazeera, a Gerusalemme per un reportage e testimone della scena. Non è mancata la risposta del ministro per la Pubblica Sicurezza, Gilad Erdan: “E’ impossibile valutare la situazione in cui si trovano i soldati – ha detto interpellato dalla tv israeliana Channel 10 -. Ogni giorno ci sono tentativi di accoltellamento nei loro confronti e delle persone che hanno intorno. Ci sono stati incidenti in cui i militari hanno sparato senza uccidere e quelle persone hanno accoltellato ancora”. Di diverso avviso svariate Ong israeliane, Amnesty international e le agenzie Onu, che nei loro report segnalano di mettere a tema, accanto alla problematica di pubblica sicurezza dovuta agli accoltellamenti, una reazione appropriata da parte delle forze israeliane di Gianni Rosini e Ranieri Salvadorini

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