Ancora una volta l’imprenditore “simbolo” della Torino-Lione è finito nei guai. La terza indagine nel giro di pochi anni. Oggi la Guardia di finanza ha portato in carcere Ferdinando Giosué Lazzaro, 50 anni, spesso in prima linea per sostenere la Tav e l’assegnazione dei lavori alle aziende della Val di Susa. Lazzaro e un suo familiare e collaboratore sono indagati per bancarotta fraudolenta, un’indagine nata dopo il fallimento della sua Italcoge nell’estate 2011, che in quel periodo stava compiendo alcuni lavori preliminari al cantiere dell’alta velocità a Chiomonte.

Dall’inchiesta condotta dalla compagnia di Susa della Guardia di finanza, guidata dal capitano Mattia Altieri, è emerso che sono stati occultati poco meno di cinque milioni di euro tra crediti, denaro contante e beni dell’azienda. Tramite alcune società collegate alla Italcoge, secondo i finanzieri “tutte finalizzate a sottrarne le risorse”, sono state drenate le ricchezze. Ben 2.262.000 euro sono stati prelevati in contanti dai conti correnti tra il 2007 e il 2011 e spesso sono stati spesi non per le attività imprenditoriali di Lazzaro, ma per il divertimento della famiglia, come le giocate al Casinò di Saint-Vicent o i soggiorni in località di villeggiatura.

Non solo. Secondo le fiamme gialle i bilanci e le scritture contabili sono stati oggetto di una manipolazione “intenzionale e lucida” che ha permesso di distrarre, occultare beni, crediti e somme di denaro per 4,892 milioni di euro. L’indagine per bancarotta fraudolenta, coordinata dai sostituti procuratori di Torino Alberto Benso e Roberto Furlan, è la terza inchiesta in cui Ferdinando Giosué Lazzaro viene coinvolto negli ultimissimi anni. In questo momento l’imprenditore valsusino è coinvolto in due processi.

Il 14 marzo prossimo ci sarà l’udienza preliminare del procedimento per turbativa d’asta. Dopo il fallimento della Italcoge, per continuare a lavorare nel cantiere Tav l’uomo aveva creato un’altra società – la Italcostruzioni – intestata a una terza persona, ma formalmente amministrata da lui. In questo modo è riuscito a partecipare alla gara per l’affitto di un ramo della fallita Italcoge e a vincerla, così da continuare a operare nel cantiere. Insieme a lui sarà a processo anche l’ex curatore fallimentare dell’azienda, Michele Vigna, condannato il 27 ottobre per “interesse privato in atto d’ufficio” in quanto aveva assegnato a un agente di polizia l’incarico di sorvegliare magazzini e i macchinari della Italcoge.

Non è tutto. Lazzaro è anche uno degli imputati del processo “San Michele”, nato da un’indagine del Ros dei carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia di Torino. In questo procedimento l’imprenditore deve rispondere dell’accusa di aver smaltito illecitamente alcuni rifiuti dei cantieri. Dagli atti di questa indagine, però, sono emersi elementi più interessanti. Dopo il fallimento, temendo di non poter ricominciare a lavorare nel cantiere di Chiomonte, Lazzaro si era mosso per ottenere un aiuto dai politici del Partito democratico più favorevoli alla Tav, personaggi come il consigliere regionale Antonio Ferrentino, l’attuale commissario del governo alla Torino-Lione Paolo Foietta e il senatore Stefano Esposito. Inoltre è grazie a Lazzaro che, all’interno del cantiere, è approdato un imprenditore come Giovanni Toro, attualmente imputato di concorso esterno in associazione mafiosa, autore della frase: “Ce la mangiamo io e te la torta dell’alta velocità”. Secondo l’avvocato Massimo Bongiovanni, legale di alcune parti civili nel processo “San Michele”, avvocato dei No Tav e rappresentante dei creditori della Italcoge, “Lazzaro veniva considerato da alcuni politici come il modello di imprenditore della Val di Susa”. Secondo lui questa “non è nient’altro che la punta di un iceberg”.

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