Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato il decreto sulle norme in materia ambientale che indice il referendum popolare anti-trivelle per il 17 aprile. In questo modo viene ufficializzata la decisione del governo di non accorpare la consultazione con le amministrative. Scelta che ha suscitato le proteste del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, che a ilfattoquotidiano.it ha detto di essere “addolorato” e si è unito all’appello del presidente del Consiglio regionale della Basilicata Piero Lacorazza al capo dello Stato perché decidesse per l’election day. Lacorazza aveva lamentato anche che la data del 17 aprile “metterebbe a rischio l’applicazione della legge 28 del 2000 sulla par condicio, perché questa data non consentirebbe agli organi competenti di completare le procedure previste in tempo utile per far svolgere almeno 45 giorni di campagna elettorale, così come prevede la legge”.

Il Colle si chiama fuori facendo sapere che la firma è avvenuta in base al decreto 98 del 2011, che prevede la possibilità di abbinare tra loro referendum o elezioni di diverso grado ma non elezioni con referendum. Tant’è che per l’unico precedente di abbinamento referendum-elezioni, nel 2009, è servita un’apposita legge.

I cittadini sono chiamati a pronunciarsi sull’abrogazione della legge sulle trivellazioni limitatamente alle parole “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”. La Corte costituzionale il 19 gennaio ha infatti dichiarato ammissibile solo il sesto quesito tra quelli promossi da Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Si tratta quello che si concentra sulla previsione che i titoli abilitativi già rilasciati debbano essere fatti salvi, appunto, fino a quando il giacimento si esaurisce.

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