Di questa storia avevamo parlato ad ottobre scorso, senza sapere come sarebbe andata a finire. E’ la storia di un altro piccolo Davide che lotta contro un altro enorme Golia, di una comunità che, contro ogni previsione, riesce a spuntarla contro i petrol-egoisti. Si svolge in Brasile e ha per protagonisti gli indigeni della Valle dello Juruà. Lottavano contro qualcosa di molto più grande di loro: le trivelle nella loro foresta, decise ed approvate da governi, ministri, petrolieri. La Valle dello Juruà è speciale perché restano qui le ultime tribù di persone mai contattate dal mondo moderno, lontane anni luce da quella che noi definiamo civiltà.

Era una lotta quasi senza speranza: il governo del Brasile vendeva concessioni petrolifere in questa valle sospesa fra gli stati di Acre e di Parana, con fracking e senza fracking come se fossero caramelle, senza trasparenza e mentendo su cosa esattamente avrebbero fatto in queste concessioni.

Si formano piccole organizzazioni locali – i famosi comitatini di Renzi versione Brasile – se ne creano di più grandi e si raggruppano sotto il nome Nao Fracking Brasil-Coesus (No Fracking Brazil Coalition), guidati da Juliano Bueno de Araujo. Fra loro il gruppo 350.org di Bill Kibben ed il Conselho Indigenista Missionario (Cimi) del Brasile. Assieme si organizzano, preparano manifestazioni, si fanno intervistare alla radio e alla televisione, creano eventi informativi. Si cerca di sensibilizzare tutti, che nella giungla non e’ facile. Ma sono agguerriti.

Arriva il giorno fatale: il 9 ottobre 2015, giorno della vendita all’asta di varie concessioni da parte dell’ Agenzia Nazionale del Petrolio del Brasile (Anp). Ci si aspettava un petrol-incontro di routine, fra governanti e petrolieri e magari qualche giornalista. Invece l’Anp si ritrovò sommersa da indigeni, capi tribù, ambientalisti e gringo. Tutti ad esigere spiegazioni e che la loro voce fosse ascoltata. Tutti a voler salvare la foresta.

Araujo prese la parolae e ricordò loro che “Qualsiasi tipo di esplorazione mineraria nella regione avrà un impatto grave e irreversibile su tutte le forme di vita della foresta, sui popoli indigeni, sulle zone costiere e urbane. Non ci fermeremo fino a quando non saranno cancellati tutti gli atti nocivi dell’Anp contro il popolo brasiliano, atti che comprometteranno le nostre forniture di acqua, la nostra agricoltura, la nostra cultura.”

Ma non si fermano qui. Il passo successivo è di fare richiesta alla corte di fermare l’Anp e la Petrobras nell’assegnazione di queste concessioni. Presentano documenti e evidenza di quel che dicono. E cosi lo scontro diventa frontale: da un lato associazioni e indigeni, dall’altro colossi governativi: il governo federale brasiliano, l’istituto dell’ambiente del Brasile, l’Anp e Petrobras, tutti d’accordo sul trivellare la foresta.

A decidere un giudice. Giovanni Paolo Moretti de Souza del tribunale federale della città di Cruzeiro do Sul.

Contro ogni speranza, il 16 dicembre 2015 Moretti de Souza decide senza petrol-pietà la cancellazione di tutte le attività petrolifere con e senza fracking quelle assegnate il giorno 9 ottobre e quelle prima. Tutte, ma proprio tutte, le concessioni già date nella Valle dello Juruà vengono revocate. E’ vietato assegnarne di nuove. E’ vietato addirittura sorvolare le zona con elicotteri allo scopo di petrol-perlustrare la valle. Il giudice parla di gravi illegalità nell’assegnazione dei permessi, sia da un punto di vista ambientale che sociale. Parla di rischi enormi per l’acqua, la fauna, la flora, e anche per la vita umana, per la vita quotidiana della gente per il possibile aumento di difetti di nascita.

Hanno vinto loro, gli indigeni. La Petrobras ha avuto dieci giorni di tempo per sospendere tutte le compravendite, e per ogni giorno di ritardo hanno dovuto pagare 25mila dollari. Araujo commenta così: “Si tratta di una vittoria della vita, della natura e degli uomini di buon senso e di buona volontà di questo paese”.

Amen, e che ce ne siano tante altre a venire.

Qui le immagini della Valle dello Juruà e dei suoi residenti

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