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Capita a tutti, ogni tanto, di fare dei sogni stupendi: di rado, ma succede. E perché a noi no? Un bel mattino ci svegliamo e, d’incanto, affacciandoci alla finestra vediamo una strana Italia manifatturiera. Davvero strana. All’improvviso il quadro delle nostre aziende, grandi, piccole, così così, si manifesta con chiarezza. Vediamo un ‘corpo A’: esso è costituito dalle aziende di base IdB, industriose, silenziose e anche parecchio capaci: in questo ‘dominio tecnologico’ l’Italia ha fatto passi giganteschi, basterebbe pensare alla siderurgia, quando eravamo degli esclusivi importatori di ferro e acciaio… e diventammo la seconda siderurgia d’Europa.

Poi vediamo il ‘corpo B’: esso è costituito da ‘reti di impresa’ di tipo chiuso stabile, non-olonico (cioè non mutevole), con aziende Ssm (di subfornitura) legate a filo doppio per quello che riguarda il business, in piena sinergia con un’unica azienda-capofila Oem (produttrici di prodotti finiti destinati al mercato dell’utilizzatore finale).

Infine vediamo il ‘corpo C’: esso è costituito da ‘reti di impresa’ di tipo aperto mutevole, ‘olonico’: questo ‘corpo’ è costituito soltanto da aziende Ssm (di subfornitura) che si impegnano in diversi rapporti ‘di rete’ con diverse società OEM, sia italiane che straniere, anche contemporaneamente.

Sarebbe proprio il caso di dire: sogno o son desto? Sì, al momento è un sogno: ma perché dovremmo testare basiti a cotanta saggezza? Dice il proverbio: fra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Vero, ma per il momento lo ignoriamo e ci godiamo la beatitudine. Beatitudine? Beh: proviamo a riflettere.

Corpo A: non si noterebbero cambiamenti rispetto all’assetto odierno: il sistema di business relativo a questo corpo A, dotato di una forte unificazione di prodotto (DIN, UNI, AFNOR, GHOST, ASA, ecc.ecc), non permette facili introduzioni di novità; inoltre il sistema di prezzi è piuttosto controllato, anche attraverso tabelle nazionali ufficiali.

Corpo B: apparentemente sembrerebbe l’optimum delle impostazioni di business possibili: in fondo sarebbe come un’azienda tradizionale, magari multinazionale (con elementi compositivi collocati in varie nazioni), la cui rilevanza sarebbe costituita dal fatto che i ‘reparti produttivi’ sarebbero appartenenti a proprietari diversi da quello capofila della Oem: ci sarebbe un indubbio vantaggio finanziario, perché molti capitali propri appartenenti a diversi individui si assocerebbero e ne sortirebbe una sommatoria importante ma, soprattutto, si consentirebbe alla capofila Oem di concentrare tutto il suo capitale (proprio e di terzi – fornitori) sul suo ‘core-business’, che sarebbe esclusivamente quello di progettare, industrializzare e sviluppare il marketing del suo prodotto finito destinato a consumatori finali. Il vero ‘motore’ del successo: si raggiungerebbe anche la creazione di un gruppo più importante per trattare finanziamenti con le banche.

Le aziende subfornitrici ‘in rete’ non avrebbero più spese per la commercializzazione dei loro prodotti: il collegamento stretto con la capofila (solitamente più ‘acculturata’ data la sua necessità di stare a contatto col ‘final market’) accrescerebbe e non di poco la loro cultura aziendalistica, abituandole a conoscere e a capire i problemi dello ‘stare sul mercato finale’, che è l’unico che detta legge e che è il luogo nel quali si forma il ‘profitto’. Ci sarebbe un solo handicap serio: la ‘crescita tecnologica’ sarebbe quella che può crescere solo all’interno del gruppo. Una sorta di matrimonio fra cugini: il rischio è di invecchiare senza accorgersi sotto il profilo dell’efficienza produttiva.

Corpo C: Il quadro possibile è senza dubbio più complesso ma estremamente più dinamico. Le nostre Ssm (subfornitrici) possono aggregarsi in rete (stabile o temporanea) con qualsivoglia Oem: sia italiana che straniera. Entrando in rete, sulla base di contratti scritti, la SSM entra ‘nel progetto’ e partecipa alla creazione del prodotto finito della OEM capofila. Non è un normale rapporto fra cliente e fornitore: il cliente trae vantaggi dalla collaborazione con la Ssm e questa conosce i veri lati importanti di ciò che deve fornire, partecipando alla progettazione. La Ssm cattura innovazione dovunque si innesti in ‘rete’: e contribuisce a produrla. Si è in ‘rete’ quando si firma un apposito contratto di rete, esibibile anche a terzi: quindi positivo anche per trattative finanziarie con istituti di Credito.

L’istinto naturale è quello di cerca di disegnarci nella mente uno scenario del mix di ‘imprese oloniche in rete olonica’: ma la cosa è molto difficile, fuori com’è dagli schemi mentali tradizionali. Viene istintivo il pensare a rapporti di fornitura abituali, anche se complessi: ma non è così.

Organizzare la propria impresa in modo da gestirla ‘in rete’ è un qualcosa che comporta una tecnica gestionale un po’ diversa da quella tradizionale: sarà un tema da approfondire in modo specifico, ma non c’è dubbio che la gestione acquisisce subito un tasso di efficienza molto alto, almeno su due piani (il terzo, e il quarto, quelli della crescita tecnologica e della precisione gestionale necessitano di trattazione adeguata): la riduzione dei costi di gestione e la maggior precisione dell’azione commerciale.

Una visione di questo tipo non cambia la composizione delle nostre imprese così come oggi è, ma – se mi si consente un paragone militare – è come se dislocassimo in modo organico e organizzato le nostre truppe che oggi sono tante ma utilizzate in modo confuso. In ogni caso, questa ‘visione’ non comporta investimenti minimamente significativi.

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