Avete presente le osterie dove la lista dei piatti – che cambia ogni sera – è scritta a penna su fogli di carta o quelle in cui è l’oste a dare il benvenuto chiedendovi: “Cosa posso cucinare per voi?”. È questo l’obiettivo di Matias Perdomo e della sua brigata: essere il primo ristorante di livello senza menù. Ecco l’anticipazione che il braccio destro dello chef uruguaiano ha dato a FQ Magazine. “Ora il menù di Contraste si apre con uno specchio che riflette il viso del cliente – racconta il maître e sommelier Thomas Piras – come a sottolineare l’importanza dei desideri e dei gusti di chi viene da noi a mangiare. Ma il nostro sogno nel cassetto è eliminarlo completamente. Nulla di innovativo, in realtà, ma un ritorno alla base della ristorazione: capire i desideri del cliente e trasformarli in piatti”.

Aperto dal primo settembre, Contraste, il nuovo ristorante guidato dallo chef Matias Perdomo dopo la scelta di lasciare lo stellato Pont de Ferr, ha fatto già molto parlare di sé. A cominciare dalla location, in via Meda 2, sui Navigli ma in una zona un po’ defilata dalla movida milanese. Un ristorante che sembra riflettere lo spirito schivo e ombroso del 35enne uruguaiano, più a suo agio tra i fornelli che davanti ai riflettori ormai abituati a rendere gli chef celebrità. Lui, volontariamente fuori dalla bolgia di talent show e réclame culinarie, non poteva che volere un ristorante anch’esso da “scovare”. Un citofono lungo la strada, poi l’ingresso in un cortile tutto sanpietrini stile “vecchia Milano” su cui si affaccia un vecchio show-room allestito con una decina di tavoli e una trentina coperti. Cucina a vista e una toppa della porta (larga circa dieci centimetri) dalla quale si può spiare il lavoro dello chef.

“La nostra cucina vuole essere il riflesso delle voglie dei clienti, per questo passeremo molto tempo a parlare con loro prima dell’ordinazione”, spiega Perdomo. “Vorrei si tornasse a un tipo di ristorazione ormai quasi dimenticata – continua lo chef – con un servizio di sala più che attento, capace di essere il vero biglietto da visita del locale”. Tra i tavoli, è il direttore di sala Thomas Piras a dare il benvenuto. “La prima domanda che faccio è: ‘Signori, quanto tempo abbiamo?’ Ieri sera due ragazzi hanno risposto: ‘Finché avete voglia di cucinare’. Risultato: hanno mangiato 14 porzioni intervallate da un gin tonic. Il tempo da noi non è un problema: la serata è vostra”. L’idea è quella di entrare in simbiosi con il cliente. “Cerco di capire di che serata si tratta – continua Piras – Un meeting di lavoro? Una cena romantica? Un festeggiamento? Poi, scegliamo insieme un menù adatto alla serata che i nostri ospiti vogliono passare”.

Si cambiano le regole, quindi, optando per una ricetta che metta i clienti al centro: saranno loro a dire se hanno voglia di gamberi o di primi, se vogliono essere stupiti o desiderano un menù di carne. Mettendo mano al portafogli, un menù di dieci passaggi (concordato insieme al cliente) costa 130 euro; sei passaggi più un dolce costano 80 euro. Mentre, per i più tradizionali, restano i piatti à la carte: due o tre portate costeranno dai 65 agli 80 euro. Se pensate a una visita al ristorante, “l’emotional eating experience” – come la chiama la brigata di Perdomo – può essere fatta solo a cena e la domenica a pranzo. E se vi state chiedendo quali piatti lo chef uruguaiano potrà proporvi, ecco alcune delle creazioni servite a Contraste (foto nella gallery):

La Chiave

Una chiave di burro salato di Normandia, ricavata con uno stampo modellato sulle chiavi antiche di casa e dipinta con un effetto ruggine di cenere e carruba; più un crostone di pane che riproduce il profilo dello spioncino della porta. È l’ingresso nel pasto e nella casa.

Donuts alla bolognese

La prepariamo con un ragù (composto di 3 tipi di carne e cotto per 4 ore) e una besciamella modellati a forma di ciambella. In finitura la riduzione del liquido del ragù e il suo grasso in forma di polvere alla maltodestrina.

I noodles di capesante

Gioco fra Giappone e Italia. Quindi molluschi del Mediterraneo frullati a crudo e conditi con colatura di alici, la nostra soia per il contenuto di umami. Per condimento olio di sesamo, semi di sesamo, pinoli tostati, foglie di cetriolo per la nota marina, tofu e dashi di katsuobushi e alga kombu.

Baccalà

Il nostro baccalà in realtà è merluzzo fresco e quasi crudo, ancora traslucido dopo un breve passaggio sottovuoto a 58 °C. Per salse l’aglio nero e i ritagli, insaporiti in un soffritto di aglio e peperoncino e poi frullati con il latte, alla maniera veneta.
Pulp Fiction

Un dessert molto fresco con il profumo del cocco sotto forma di massima vaporizzazione. La mousse viene soffiata in modo da ottenere un soufflé freddo e super-arioso. Il sangue è uno sciroppo di barbabietola; le pallottole ganache di cioccolato modellato negli stampi e metallizzato.

Legno

Legno è un gioco su terra e mare: la corteccia in realtà è alga kombu idratata, fritta e soffiata; sopra ci sono lingue di anatra confit e saltate in padella con un classico fondo di anatra, uova di salmone per il mare e qualche punta di salsa olandese per l’acidità.
Riccio di terra

È nato osservando un semplice fungo champignon. Rovesciato con i suoi raggi somiglia moltissimo a un riccio; di lì siamo partiti passando la cappella in forno con una pastella al nero di seppia. Viene servito con nocciole tostate, semi di pomodoro per la consistenza gelatinosa e il colore, fuori una salsa al nero di seppia e anguilla affumicata.

Articolo Precedente

Masterchef Italia 5, il “coraggio” del concorrente che critica il piatto di Barbieri. E lo chef resta di sasso

next
Articolo Successivo

Rose rosse per te, ho mangiato stasera: quando il fiore dell’amore diventa un ingrediente in cucina

next