Prima un passo avanti, ora uno indietro. Le misure di contrasto alla povertà messe a punto dal governo preoccupano le associazioni di settore, che pure avevano apprezzato le novità in materia contenute nella legge di Stabilità. Ora l’Alleanza contro la povertà, che raccoglie realtà come Caritas, sindacati, Acli, Save the children, Banco alimentare, parla di un “allontanamento dal percorso” verso un reddito di inclusione e chiede all’esecutivo “una profonda revisione della delega”. Per raggiungere questi obiettivi, secondo le associazioni, bisogna investire 7 miliardi di euro (contro gli 1,5 messi sul piatto dal governo) e fornire gli strumenti adeguati ai servizi di welfare locale.

Gli interventi del governo sono stati annunciati dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che ha lanciato il progetto di un sostegno economico pari a circa 320 euro al mese per “280mila famiglie, 550mila bambini e quasi 1 milione e 150mila persone”. Il contributo, nei piani dell’esecutivo, sarà affiancato da un progetto personalizzato di attivazione e inclusione sociale e lavorativa. Misure contenute in un disegno di legge delega approvato dal governo nel Consiglio dei ministri del 28 gennaio, mentre nei prossimi mesi dovranno essere scritti i decreti attuativi. L’impianto del provvedimento prevede un sostanziale rafforzamento di Sia (Sostegno di inclusione attiva) e Asdi, assegno di disoccupazione, destinato ai disoccupati di lunga durata.

Ma tutto questo non è sufficiente per chi ogni giorno è attivo sul campo. In particolare, le associazioni riconoscono i passi avanti fatti con la legge di Stabilità, che ha stanziato 1,5 miliardi di euro all’anno, a regime, per le varie misure di contrasto alla povertà, definendo questa mossa “ciò che di meglio sia mai stato realizzato in Italia nella lotta all’esclusione sociale”. Ma per gli addetti ai lavori ora non è tempo di “interrompere il cammino verso un nuovo welfare”. E scrivono nero su bianco quello che non piace della nuova legge. Innanzitutto, il primo problema sono le risorse. “La delega esclude ulteriori stanziamenti per la lotta alla povertà”, spiegano le associazioni, rispetto a quanto già previsto dalla legge di Stabilità. Quei 1,5 miliardi sono stati un passo in avanti, ma non sufficiente: per venire incontro ai 4,1 milioni di persone in povertà assoluta (dati Istat), secondo l’Alleanza contro la povertà servono 7 miliardi di euro. Mancano all’appello 5,5 miliardi. “Ci si ferma a 3 poveri su 10”, spiega il comunicato. Con le risorse ipotizzate dal governo “si arriverebbe a coprire intorno al 30% delle persone povere (tra 1,2 e 1,3 milioni), quelle appartenenti ad alcune tra le famiglie indigenti con figli“. Insomma, la maggior parte dei soggetti in stato di povertà resterebbe esclusa dall’intervento del governo.

Poi c’è un altro problema: “L’inclusione sociale rischia di rimanere solo un obiettivo dichiarato”. Accanto al contributo economico, il disegno di legge prevede infatti progetti personalizzati d’inserimento sociale. Un’idea condivisa e sostenuta dalle associazioni. Che però avvertono: “Si chiede alla realtà del welfare locale di costruire strategie per l’inclusione sociale dei propri cittadini poveri senza dotarle di strumenti adeguati allo scopo”. Da un lato, anche in questo caso, c’è il nodo delle risorse. I servizi territoriali, spiega l’Alleanza contro la povertà, possono contare su 150 milioni di euro annui, una dotazione “senza dubbio inadeguata“. Poi, c’è anche la necessità di un impulso alla formazione del personale, altra esigenza lasciata insoddisfatta dal testo di legge: “Non si prevedono le necessarie modalità per rafforzare le competenze degli operatori impegnati nei territori, quali iniziative di accompagnamento e formazione, e neppure le attività di monitoraggio utili ad imparare dall’esperienza”.

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