La Procura di Ancona ha chiesto il rinvio a giudizio, nell’inchiesta stralcio sul buco miliardario di Banca Marche, dell’ex direttore generale Massimo Bianconi, dell’imprenditore Vittorio Casale e di Davide Degennaro, presidente di Interporto Puglia, indagati per corruzione tra privati. L’udienza davanti al gup è stata fissata per il primo marzo.

Con l’avviso di chiusura indagini la Finanza aveva contestualmente sequestrato beni per 15 milioni di euro riconducibili ai tre indagati: venti conti correnti, quote di società, due abitazioni a Bologna, una a Parma e due a Roma, tra cui una palazzina in via Archimede, ai Parioli, intestata a una società riconducibile a familiari di Bianconi.

L’indagine madre, di cui si attende la chiusura, avviata nel 2013, coinvolge 37 indagati – uno deceduto – tra ex amministratori di Banca Marche e di Medioleasing, componenti del vecchio consiglio di amministrazione e imprenditori, accusati a vario titolo di reati che vanno dall’appropriazione indebita alla corruzione tra privati, falso in bilancio e in prospetto, false comunicazioni sociali e ostacolo alla vigilanza. In 12 devono rispondere di associazione per delinquere.

Intanto si moltiplicano gli esposti sul caso Carichieti, altra banca salvata dal governo il 22 novembre scorso. In totale sul tavolo degli inquirenti ci sono un esposto del Codacons nazionale, al quale si sono aggiunti Abusbef e Federconsumatori, una mezza dozzina di querele presentate da altrettanti acquirenti di obbligazioni subordinate che hanno visto svanire i loro investimenti e una possibile inchiesta per bancarotta, oltre a due ricorsi al Tar.

L’esposto del Codacons, nel quale si ipotizza il reato di truffa, depositato a metà dicembre del 2015, ha portato la Procura del capoluogo teatino ad aprire un’inchiesta, per truffa a carico di ignoti. Nello stesso fascicolo sono confluite, sempre nei giorni scorsi, alcune querele presentate singolarmente da altrettanti risparmiatori che si sentono truffati dall’azzeramento del valore delle obbligazioni. Contro il decreto Salva banche hanno invece presentato ricorso al Tar del Lazio la Fondazione Carichieti e Confartigianato Imprese Chieti.

Nel caso della Fondazione il decreto Salva banche ha portato all’azzeramento del capitale detenuto nella banca, per quanto riguarda Confartigianato, che attraverso la propria Creditfidi ci ha rimesso circa 150.000 euro in obbligazioni subordinate, il ricorso al Tar Lazio è contro la Banca D’Italia e il ministero dell’Economia e delle Finanze per i provvedimenti che hanno portato all’azzeramento delle obbligazioni subordinate e con cui è stata disposta la procedura di Risoluzione della Carichieti.

Questo secondo ricorso ha raccolto anche l’adozione di 30 risparmiatori dei circa 100 che si sono affidati a Confartigianato nell’ambito della vicenda. Quanto ad una ulteriore inchiesta, non ancora aperta, su una ipotesi di bancarotta che chiamerebbe in causa alcuni ex amministratori, ogni iniziativa della Procura della Repubblica di Chieti è subordinata al ricevimento della relazione del commissario liquidatore dopo che, con decreto del 9 dicembre 2015 del ministero dell’Economia e finanze, su proposta della Banca d’Italia, la Cassa di risparmio della Provincia di Chieti è stata posta in liquidazione coatta amministrativa.

Articolo Precedente

Fiat Chrysler, utile 2015 giù a 377 milioni. Rinviato al 2020 completamento nuova gamma Alfa Romeo

next
Articolo Successivo

Banco Popolare, multa di 261mila euro da Consob: “Violate norme su conflitti di interesse e adeguatezza investimenti”

next