“Gare al massimo ribasso negli appalti di aziende a partecipazione statale dei call center”. Questo denunciano in una conferenza stampa a Montecitorio, la Cgil e i deputati del Partito democratico Marco Miccoli e Cesare Damiano. “Poste ed Enel bandiscono gare di appalto per l’assistenza dei loro clienti, ad un prezzo che non fa coprire alle aziende che vincono neanche il costo del lavoro minimo dei loro dipendenti – afferma Riccardo Saccone, Slc-Cgil – ad esempio una commessa di Poste è stata data a 0,29 centesimi di euro al minuto, che sviluppa un prezzo ridicolo di quattordici euro l’ora complessivo; a fronte di un ‘prezzo di sicurezza‘ che dovrebbe aggirarsi sui 27-28 euro/ora per permettere una giusta retribuzione al lavoratore, un guadagno legittimo al datore di lavoro ed anche di investire qualcosa in innovazione e ricerca -. La nostra battaglia è far tornare Enel e Poste perché il rischio è che questi prezzi diventino quelli di riferimento del mercato“. Per Marco Miccoli, deputato Pd: “Per queste gare al massimo ribasso, le organizzazioni sindacali hanno usato un termine che io condivido: sono un’istigazione a delinquere. Noi presenteremo un’interpellanza urgente al ministro del Lavoro affinché venga a rispondere in aula, perché parliamo di due aziende controllate dallo Stato. Le gare – sottolinea Miccoli – sono attenzione anche da Anac di Cantone e noi facciamo un appello anche al governo affinché venga bloccato l’iter delle gare”. I posti di lavoro a rischio tra le aziende degli appalti sono oltre tremila e c’è chi come i lavoratori della società ‘Uptime‘, dopo una campagna sui social per protestare contro le decisioni di Poste, che ha comunicato loro la fine della commessa al 30 giugno prossimo, hanno organizzato uno sciopero del sangue: “Se Poste ci vuole togliere il sangue, noi lo doniamo. Ottanta donne, ottanta mamme, tra i quaranta e cinquant’anni dove le ricollochiamo oggi? “Siamo i nuovi esodati” dice un altro lavoratore

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