Corrente elettrica staccata, o ridotta al minimo, per gli sfollati dei terremoti del maggio 2012 che non hanno pagato le maxi bollette Enel. E’ questo l’oggetto delle comunicazioni inoltrate nelle ultime settimane ai residenti dei container abitativi situati nel cratere emiliano romagnolo, al quarto inverno fuori casa dopo che, tre anni e mezzo fa, le scosse devastarono le loro abitazioni. L’azienda infatti, ha deciso di contattare le famiglie morose, e chi non salderà il proprio debito, si vedrà staccare la corrente. “A decine di famiglie è già capitato – racconta Massimo Vignola, coordinatore del comitato residenti dei map di Cento (Fe) – e oggi vivono in condizioni di gravissimo disagio”.

Il problema, spiega il comitato, sono i consumi di energia elettrica nei moduli abitativi provvisori, alti, perché nei container tutto funziona a elettricità: i fornelli, la lavatrice, il boiler per l’acqua calda, il riscaldamento. Così, quando nel 2013 le famiglie sfollate ricevettero i primi maxi cedolini – anche da 1.500 – 2.000 euro a modulo abitativo – si rivolsero alla struttura commissariale, all’epoca guidata dall’ex governatore emiliano romagnolo Vasco Errani. Che per ridurre l’impatto delle maxi bollette, ed evitare che ai terremotati morosi fosse staccata la corrente, nel 2014 interpellò l’Authority per l’energia, e siglò un accordo con Enel. “Quell’accordo, però, è scaduto da tempo – spiega Vignola – e siccome le istituzioni non l’hanno né rinnovato, né prorogato, ora molte famiglie, che in passato non sono riuscite a far fronte ai propri cedolini, si trovano al freddo”. Senza elettricità, o con la fornitura ridotta al minimo, cioè al 20%.

“C’è chi si è dovuto arrangiare con una stufa a gas, e cucina su un fornello da campeggio – racconta Vignola – chi deve scegliere se accendere il riscaldamento o preparare il pranzo”. A San Possidonio, nel modenese, per aiutare una coppia di giovani genitori rimasti senza corrente, i vicini di container hanno fatto una colletta, pagando di tasca propria il bollettino arretrato da 400 euro. “Parliamo di tante famiglie, che non sanno a chi rivolgersi. Siamo in gennaio, fuori ci sono zero gradi”.

A tre anni e mezzo dai terremoti, buona parte dei moduli abitativi è stata smantellata. L’obiettivo della Regione e dei Comuni, infatti, è sgomberare più container possibile entro il 2016, così che all’interno rimangano solo le famiglie che intendono farlo: chi ha difficoltà economiche, o chi attende che la propria casa sia ricostruita, ad esempio. Secondo i dati del Comitato istituzionale per la ricostruzione post sisma, e relativi al mese di dicembre, nel 2015 i moduli occupati sono passati da 468, per circa 1.400 sfollati ospitati, a 180, 35 dei quali verranno liberati entro i primi mesi del 2016. Restano però 145 moduli ancora abitati, per un totale di circa 450 persone.

“Viene da pensare che le istituzioni vogliano accelerare la procedura, e forzare chi è rimasto ad andarsene, visto che nessuno è intervenuto per rinnovare quell’accordo con Enel – spiega Vignola – perché altrimenti non si spiega come mai, in un Paese civile, si lascino dei terremotati, famiglie con bambini, anche, al freddo”.

In una nota, Enel ha dichiarato che l’energia elettrica verrà riallacciata quando i terremotati pagheranno i cedolini arretrati. “L’azienda ha rinviato più volte negli ultimi anni le operazioni di recupero credito per consentire a tutti il pagamento delle morosità accumulate, con piani di rientro concordati – scrive Enel – nonostante l’attenzione dimostrata e la lunga attesa, un numero significativo di clienti non ha mai provveduto a regolarizzare il proprio pagamento. La misura della riduzione di potenza, che precede il distacco, viene applicata a partire dalle posizioni debitorie più rilevanti, a fronte di preavviso inviato ai clienti coinvolti”.

“Il problema – replica Vignola – è che le famiglie che vivono nei moduli abitativi hanno accumulato arretrati con Enel perché non hanno il denaro per pagare quei cedolini, non perché non volessero farlo. Come potrebbero, quindi, mettersi in pari ora?”. Una questione che, nella bassa ancora oggi terremotata, ha già scatenato più di una polemica. Dalla parte degli sfollati, infatti, si sono schierati il Movimento 5 Stelle e Rifondazione comunista, i primi a puntare il dito contro “le condizioni medievali in cui sono costretti a vivere i terremotati”: “Fu per la scelta dell’allora commissario Errani, che volle risparmiare sui moduli, che sono state acquistate poco più di baracche di cantiere, scaricando poi le spese dell’energia tutte sui terremotati – attacca Vittorio Ferraresi, deputato del Movimento 5 Stelle – chiediamo che intervenga immediatamente il prefetto per impedire i distacchi dell’energia, e che i servizi sociali, utilizzando i 500.000 euro già stanziati a febbraio a questo scopo, intercedano con Enel per trovare una soluzione per tutti i casi di insoluti”.

Per i sindaci dell’Unione Comuni modenesi area nord, tuttavia, la vicenda “è una strumentalizzazione”. “Da mesi a queste famiglie si è cercato di evitare i disagi, concordando percorsi alternativi e di rientro che, in alcuni casi, non sono stati accettati. Questo è l’ennesimo tentativo di strumentalizzare le conseguenze del terremoto da parte di politici o aspiranti tali in cerca di visibilità, che ogni tanto, tra un impegno e l’altro di quello che essi stessi definiscono “lavoro a Roma”, si ricordano di occuparsi a spot di problemi che i cittadini, e i Comuni coinvolti, affrontano invece ogni giorno, cercando di favorire i percorsi di rientro nelle abitazioni”.

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