sala 675

Le “primarie più belle del mondo” si stanno dimostrando una melassa piena di ipocrisia. Tutti a stringersi la mano e a farsi foto insieme, i quattro candidati sindaco a Milano, con qualche stilettata reciproca, certo, ma per carità, siamo tanto amici e corriamo tutti per l’obiettivo comune. In verità, si prenderebbero a sciabolate. Ma si guardano bene dal dirlo.

E le differenze – quelle vere – non emergono: tutti a parlare di periferie, navigli scoperchiati, posti di lavoro, salario sociale, aria pulita, cultura, musica, sport, pace e bene. Come se i programmi dovessero farli i candidati e non i partiti. Come se fossero quattro partecipanti a X-Factor che si contendono la vittoria con la proposta più fica. Come se qualcuno potesse dire in campagna elettorale che vuole le periferie abbandonate, l’aria più inquinata, la città più brutta, più traffico, più disoccupati, meno cultura e più tasse per tutti. Nessuno ha il coraggio di dire che – al netto di narcisismo e retorica politica – la contesa vera, tra loro, è un’altra: tra chi vuole la continuazione del “Modello Milano” (sinistra unita con i movimenti civici e i senzapartito) e chi vuole riconsegnare la città a Matteo Renzi, prefigurando il Partito della Nazione e riportando a Palazzo Marino il Partito degli Affari, con Cl e tutto il codazzo dei signori che erano a cena con Giuseppe Sala al Marriott Hotel mercoledì scorso. Dirlo ad alta voce è lesa maestà delle primarie. Se uno ci prova, viene additato come un guastatore che vuole rompere l’incanto, come un manovratore della macchina del fango.

Fango? È fango dire che non può fare il sindaco uno che ha gestito Expo senza un minimo di trasparenza, non dicendo la verità né sugli ingressi né sui conti? È fango dire che non può fare il sindaco uno che ha gestito Expo come fosse roba sua, distribuendo milioni di euro a sua discrezione, senza gara, privilegiando amici di Renzi come Oscar Farinetti? È fango dire che non può fare il sindaco uno che non si è accorto di che cosa combinavano i suoi più stretti collaboratori, prima che arrivassero le manette? È fango dire che non può fare il sindaco uno che dovrà forse testimoniare con imbarazzo al processo a Roberto Maroni che faceva pressioni per far assumere una sua amica a Expo? È fango dire che non può fare il sindaco uno che per farsi la sua villa al mare, a Zoagli, ha chiamato due architetti che contemporaneamente lavoravano per Expo, Michele De Lucchi (l’ideatore del Padiglione Zero, compenso 110 mila euro) e Matteo Gatto (architetto del Masterplan, dipendente di Expo spa). Con Sala, non si capisce dove finisce Expo e dove iniziano i suoi affari personali e la sua carriera politica: gli uomini Expo li ritrovi non soltanto a Zoagli, ma anche a Milano: stratega della sua campagna elettorale per le primarie è la Sec di Fiorenzo Tagliabue (che ha ricevuto, insieme alla Hill & Knowlton, 1,54 milioni di euro per l’attività di media relations di Expo).

Ribattono i suoi: nessun reato, dunque si può fare. Risponde lui: De Lucchi l’ho pagato 70 mila euro più Iva. Ma non vi spaventa questa leggerezza, questa superficialità, questa commistione? Volete proprio portarla a Palazzo Marino? Se un assessore usasse per casa sua (pagando, s’intende) un architetto a cui ha dato un incarico pubblico, un fornitore che sta lavorando per il Comune, non avreste nulla da dire? Giuliano Pisapia non mi risulta l’abbia fatto e non l’avrebbe tollerato per alcuno dei suoi assessori. È fango dire queste cose, pretendere un po’ di rigore, o almeno di decenza?

Da Il Fatto Quotidiano del 22/01/2015

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