Il robusto telaio de’ La Gabbia è ben delineato nella locandina elettronica che la presenta: “Gianluigi Paragone introduce alcuni temi legati alla lotta alla tecnocrazia, al potere politico e al potere finanziario”. Neppure ai tempi di Lenin è esistito un essere “contro” così compiuto e dichiarato ed è ovvio che quelli come noi, che amano ragionare piuttosto “dentro” che “contro” i problemi, abbiano qualche esitazione a sbirciare in quella specie di Donald Trump Palace; tutt’al più ci vanno per riderne, come i miscredenti che affollavano (e forse ancora affollano) le sacre rappresentazioni di un noto teatrino in zona Vaticano, solo per cogliere l’opportunità di sghignazzare dei rapimenti del pubblico devoto o, come si direbbe oggi, del vero target di riferimento del prodotto.

Ma ieri sera La Gabbia ci ha preso in contropiede perché ciondolando col telecomando ci siamo finiti dentro e ci ha trattenuto grazie a un più che decente e articolato dibattito su Islam e scontri di civiltà dopo le aggressioni alle donne di Colonia. In più, i servizi filmati erano piuttosto densi e “lavorati”, senza traccia del solito reporter che pone domande alla lontana auto blu. Certo, pesava l’assenza delle maschere gabbiesche di Santanché e Salvini e, anzi, c’era Giulia Bongiorno che aiutava a tenere il filo del ragionamento, attorno al rapporto fra costume e scritture religiose, se sia il primo a ispirare la lettura delle seconde o se ne sia invece modellato, se convenga il multiculturalismo degli apartheid o non piuttosto l’integrazione anche a tappe culturali forzate. Insomma, per trovare un isolato momento di pollaio abbiamo dovuto aspettare oltre un’ora: un record.

Ma poi sono arrivate le 23 e, come fosse la mezzanotte di Cenerentola, chi c’era se n’è andato e ne’ La Gabbia sono comparsi i leoni di sempre: una voce inutilmente profonda che spiegava come un accordo-assolutamente epocale per chi appena mastichi l’argomento – con Google e Apple, che accettano di dover pagare le tasse dove fanno i ricavi (e non nella Irlanda complice dove risiede la ditta) e saldano transattivamente il pregresso – diventava un grosso favore fatto ai “grandi” a fronte dei piccoli che vengono costantemente spellati. Non bastasse, è comparso, come sempre ben pettinato, quel Borghi, teorico dell’idea che l’Italia se fosse slegata dalla UE farebbe faville. E così, a questo punto, abbiamo tirato un sospiro di sollievo: il mondo televisivo che conoscevamo non era uscito dai cardini, Paragone è sempre Paragone e non Cronkite – giornalista americano del secolo scorso considerato dai sondaggi locali “l’uomo più creduto degli Stati Uniti – e noi, rassicurati, potevamo abbandonarci al sonno. Lo share, compresa la nostra transitoria presenza, è stato il 2,98%. Meno del solito e magari proprio per colpa nostra, perché nelle gabbie se entra un estraneo molti, per reazione, ne scappano.

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