“Cosa sarebbe diventato da grande il piccolo Aylan se fosse cresciuto?”, recita la scritta nella parte alta della vignetta. “Un palpeggiatore di culi in Germania”, la risposta che campeggia sotto il disegno di un individuo dal volto porcino che insegue una donna. A un anno dagli attentati terroristici di Parigi del 7 gennaio 2015, Charlie Hebdo torna a far parlare di sé. Ha sollevato un’ondata di critiche sui social network una vignetta contenuta nell’ultimo numero della rivista, che collega le molestie di massa avvenute a Colonia la notte di capodanno da parte di oltre un migliaio di immigranti ai danni di diverse centinaia di donne e la tragedia del piccolo profugo siriano annegato su una spiaggia turca, la cui fotografia ha commosso il mondo.

Dopo le vignette considerate sacrileghe sulla religione, il giornale satirico francese torna a provocare, questa volta prendendo di mira il simbolo delle vittime dei naufragi che nel Mediterraneo hanno causato la morte di oltre 3.700 migranti nel solo 2015. “Charlie Hebdo ci ricorda che va bene essere razzisti, se affermi che si tratta di satira e gridi che alla libertà di espressione”, scrive un internauta. “Spero che un giorno ci sarà una guerra nel tuo Paese e dovrai lasciare la tua casa”, twitta Mine Iseri, una signora turca, aggiungendo l’hashtag #razzista a quello di Charlie.

Ma se molti si indignano, altri difendono il settimanale satirico ad un anno dall’attentato che ha provocato la morte di undici persone nella redazione del giornale. “Volete dirmi che c’è gente che ha scambiato le critiche di Charlie al razzismo francese come un sostegno al razzismo?”, si chiede incredulo un uomo che si firma Alex Roswell e risiede in Libano.

“La vignetta ferisce. Ma è uno specchio di chi afferma che i fatti di Colonia sono un risultato della crisi dei migranti”, twitta Claas Weinmann, un giornalista del quotidiano popolare tedesco Bild.

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