Dal primo gennaio 2016 è entrato in vigore il metodo tariffario idrico 2016/2019. Si tratta di un nuovo quadro di regole, approvato dall’Autorità dell’energia, del gas e dell’acqua che consentirà di “incentivare gli investimenti nel settore, favorire il miglioramento della qualità dei servizi, razionalizzare le gestioni e riconoscere in modo efficiente i costi per le sole opere effettivamente realizzate”.
Cosa cambierà per i consumatori? Tra le 45 regole di trasparenza predisposte sono previsti standard di qualità contrattuali minimi omogenei, validi in tutte le Regioni, che garantiscono per la prima volta delle tempistiche precise. Nel dettaglio, l’allaccio dell’utenza privata alla rete idrica, d’ora in avanti, avviene entro 10 giorni dalla richiesta dell’interessato, l’attivazione o la voltura del servizio entro 5 giorni, un appuntamento va concesso entro 7 giorni, mentre la verifica del contatore si conclude entro 10 giorni dalla domanda. Poi, se all’utente è stata tolta l’acqua per morosità non dovranno passare più di due giorni feriali per la riattivazione della fornitura dal momento in cui l’interessato avrà saldato il debito. E se la società di gestione non rispettasse questo calendario? Pagherà un indennizzo: 30 euro a infrazione, pena che scatta in automatico e va accredita direttamente in bolletta.

Inoltre, tra le altre novità si segnalano anche gli obblighi minimi di fatturazione che prevedono, a tutela dell’utente, che il gestore emetta una bolletta semestrale per consumi medi annui fino a 100 metri cubi, quadrimestrale per quelli tra 101 e 1.000 metri cubi, trimestrale per quelli tra 1.001 e 3.000 metri cubi e bimestrale oltre i 3.000. Ma, soprattutto, per le bollette superiori al 100% del consumo medio annuale può scattare la rateizzazione, con un aiuto in più: la richiesta può essere fatta anche nei 10 giorni successivi alla scadenza. Anche sul fronte dei reclami le procedure dovrebbero essere più snelle con una facilitazione rispetto alle informazioni e ai servizi telefonici forniti dai gestori. Tutto almeno in teoria, visto che gli standard qualitativi definiti dall’Autorità dovranno essere garantiti a partire dal primo luglio 2016, entrando però a pieno regime solo nel 2017.

Ottimi propositi si dirà, visto che la fotografia dell’acqua in Italia è caratterizzata da tinte scurissime. Secondo l’ultimo monitoraggio di Federconsumatori, nel 2015 una famiglia media ha speso 276 euro per il servizio idrico integrato (che include fognatura e depurazione), fino al top di Pisa che con 442 euro batte tutte le altre città. Una spesa cresciuta del 6,4% rispetto al 2014 che, tradotta in soldoni, equivale a 16 euro in più sulla bolletta. Ma a salire è stato anche il livello di dispersione idrica: fra buchi e furti si perde il 37% dell’acqua immessa nei tubi, con punte del 60% nel Lazio e in Calabria.

Quali saranno, quindi, gli effetti del nuovo sistema di tariffazione? “Per il 2016 è prevista una spesa analoga, perché – spiega Mauro Zanini, direttore del centro ricerche di Federconsumatori – nulla è cambiato rispetto ai costi per la manutenzione degli impianti che continueranno ad essere scaricati per i due terzi sulla bolletta. E questo nonostante dal 2011, l’anno del referendum che ha bocciato la privatizzazione e ha abolito la possibilità di remunerare il capitale investito, chiediamo che invece vengano computati nella fiscalità generale. Così – prosegue – la lieve ripresa degli investimenti che si è registrata negli ultimi anni, importante per ridurre le perdite e rendere più efficiente il servizio idrico, è stata possibile grazie alle risorse ricavate dagli aumenti in bolletta“. Mentre lo stato di salute delle reti idriche in Italia versa in cattive condizioni (basti pensare al caso di Messina con i continui guasti alla condotta e gli abitanti rimasti settimane senza acqua) e la gestione costa parecchio. I numeri lo dimostrano: dal 2011, anno in cui la regolazione della tariffa è passata all’Autorità, la spesa annua tipo per le famiglie è passata da 217 euro agli attuali 276 euro con un aumento del 22% a fronte di un inflazione inferiore al 4,6 per cento.

C’è anche un altro dato che spiega lo stato dell’emergenza e a illustrarlo è stato Mauro Grassi, responsabile della Struttura di Palazzo Chigi #italiasicura che si occupa dello sviluppo delle infrastrutture idriche: “Sono stati stanziati 3,2 miliardi di euro (2,8 miliardi dei quali solo per il Sud) per quasi 900 opere tra depuratori, fognature e acquedotti di cui non sono ancora state avviate le gare”. Tanto più che per l’anno in corso è attesa anche una mega sanzione da parte della Commissione Ue per via dei ritardi accumulati dall’Italia nella a messa a norma dei sistemi fognari e di depurazione. La richiesta del governo è chiara: raggiungere livelli di investimento nel sistema idrico simili a quelli degli altri Paesi europei, passando dagli attuali 36 euro per abitante ad almeno 50 euro, per avvicinarsi poi agli 80-90 euro degli Stati europei più virtuosi. Ma per farlo aumenteranno le bollette e così gli investimenti ricadranno sull’utente.

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