Mihajlovic in bilico, Pioli, Garcia e forse anche Gasperini traballanti, Ballardini addirittura cacciato e richiamato nel giro di poche ore. Gli allenatori della Serie A avranno pure mangiato il panettone a Natale, ma rischiano di saltare già con il turno dell’Epifania. Anno nuovo, risultati vecchi. La serenità della sosta è già finita: tornano le voci di esonero, i vertici a fine partite, le telefonate fiume (ad esempio tra Galliani e Berlusconi) per decidere la sorte del mister di turno. In realtà già segnata. Il caso più clamoroso è ovviamente quello di Palermo: l’ennesima follia di Maurizio Zamparini, il presidente “mangia allenatori” per eccellenza.

L’esonero di Iachini a novembre era apparso inspiegabile (14 punti in 12 partite era una media più che dignitosa) ed era stato poco gradito dal gruppo. Il suo sostituto, Davide Ballardini, aveva cominciato sotto i peggiori auspici e proseguito peggio. Già in discussione dopo solo due partite, la figuraccia di ieri con la Fiorentina sembrava aver sancito il ribaltone: via Ballardini, torna Iachini. Invece il patron ha cambiato idea nel giro di poche ore (pare per le garanzie sul mercato che quest’ultimo avrebbe chiesto per tornare). Ballardini resta: con quali presupposti e fino a quando non si sa, ma resta. Restano anche tutti gli altri, nonostante una giornata da incubo.

Mihajlovic alla vigilia aveva parlato di “tre partite per svoltare”: la prima col Bologna è stata un disastro. Pioli sperava di ritrovare nel 2016 la Lazio di inizio 2015: ha pareggiato a reti bianche col Carpi, dando a Castori l’occasione di rinfacciare a Lotito le frasi pronunciate nella famosa telefonata con Iodice. “La promozione del Carpi sarebbe una rovina”, aveva detto. “Sul campo abbiamo dimostrato di essere da Serie A”, ha risposto ieri Castori. Il presidente della Lazio, che sicuramente non avrà gradito, ha un motivo in più per avercela col suo tecnico. Gasperini aveva parlato di “derby da vincere attaccando”, l’ha perso incassando tre reti in un’ora e ha subito dovuto ricalibrare gli obiettivi: “Pensiamo solo a salvarci”.

Quanto a Garcia, lui “dorme tranquillo” (dice). Ma nella Capitale tutti sanno che l’anno prossimo, comunque vada, non sarà più l’allenatore della Roma. I limiti e le responsabilità di questi tecnici che hanno perso il bandolo della matassa (o non l’hanno mai avuto) sono evidenti. Il Milan non ha ancora uno briciolo di identità, la Roma si è persa un anno e mezzo fa, la Lazio gioca così male da rischiare di depauperare il tesoro rappresentato da Candreva e Felipe Anderson, Genoa e Palermo devono seriamente preoccuparsi della retrocessione. Resta da capire perché restino ancora al loro posto. E qui emerge l’altra faccia della medaglia: gli errori dei presidenti. Colpevoli non solo di aver allestito squadre non all’altezza, ma anche di gestire male l’emergenza.

La sosta natalizia sarebbe stata la finestra ideale per cambiare: c’era tempo per trovare il sostituto, affidargli la squadra, dargli almeno dieci giorni di allenamenti per plasmarla. Non l’hanno fatto e adesso ne pagano le conseguenze. Alla prima tutti di nuovo in discussione: solo che adesso ci sono quattro partite (più la Coppa Italia) in tre settimane da giocare e un avvicendamento in panchina diventa quasi impossibile. Anche l’esonero è un’arte: va fatto al momento giusto e per la persona giusta, per ottenere buoni risultati (vedi Donadoni al Bologna). Altrimenti il rimedio può essere peggiore del male (e Zamparini ne sa qualcosa). L’Epifania si porta via le feste, e forse pure gli allenatori. Ma un bel pezzo di carbone nella calza della befana se lo meriterebbero soprattutto i presidenti.

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