Anno nuovo, testa nuova. Nella vita bisogna prendere decisioni importanti ogni tanto.

Prima cosa: fa freddo. Con il cranio rasato fa freddo. Berrettini di lana mai, non sono il mio genere, del resto il mio panama non è più appropriato, non solo per la stagione invernale, non funziona più senza i miei capelli ribelli. Devo trovare un’altra soluzione.

Seconda cosa: sembro più giovane. Per me è essenziale sembrare più giovane dato che cerco una donna che abbia la metà dei miei anni (altrimenti che metà sarebbe!).

Terza cosa: ho nostalgia del phon. Mi sento felice solo al mattino, e quando mi asciugavo i capelli il rumore del phon mi sembrava Mozart. Mi manca Mozart.

Quarta cosa: ho ricevuto apprezzamenti dal sesso femminile, pare che l’uomo calvo sia percepito come uomo sexy. Bruce Willis ci ha salvati tutti. Grazie Bruce! Lo so, non sono Bruce Willis, ma si fa per dire. Lasciatemi cullare in una illusione.

Quinta cosa: perché postare un monologo sulla mia testa rasata? Perché questo è il blog di Ricky Farina, perché mi piace raccontarmi, e alcune persone amano ascoltarmi, dicono che ho una bella voce. Una voce rassicurante. Onirica.

Sesta cosa: ora vi riporto le parole di un saggio antico, leggetele e meditate.

“Tralasciamo quella porzione del divino che non vuole rivelarsi (che senso ha preoccuparsi se non vuole farlo?), e notiamo invece che tutti gli astri visibili – sole, luna e stelle – consistono in sfere  perfette: e cosa c’è di più calvo e divino di una sfera? Anche l’anima– quel “terzo dio” che il Demiurgo ha introdotto nel mondo in perfetta figura sferica – vuole imitare Dio. […] La calvizie è dunque l’immagine della perfezione, a lei vanno le medesime lodi che ognuno innalza alla sfera celeste.”
Sinesio di Cirene, Encomio della calvizie, par. 8

Bene, calvi di tutto il mondo: unitevi!

Aforisma del giorno

Guardo fuori dalla finestra, c’è il candelabro rosso con la cera di una notte mai vissuta, e oltre il candelabro il traffico di una mattina di dicembre che prende forma tra i rami spogli. Brina, foschia, freddo, un trittico che seduce e ti fa amare i caloriferi di casa. Il tepore di avere un’anima domestica. Pigiama, pantofole, caffellatte, ed è quasi felicità, intima e universale, con i sogni ancora freschi di strage che sanguinano sulle ciglia illese. La vita, abbagliante enigma, il vero social, quello che ti fa vomitare, inseminare, e detergere i vetri prima del saluto finale. Non siamo tutti sulla stessa barca, non è vero. Siamo già in fondo all’abisso. E se le lampadine non sono ancora tutte fulminate questo non farà ritardare il temporale. C’è uno spazio elettrico, e uno spazio interiore. C’è l’inevitabile, e c’è il sospiro delle cose ancora possibili. L’ombra è caramellata. Senza speranza c’è più gioia.

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