Le ripetizioni costringono anche me a ripetermi, pronta a sentire invettive tipo bachettona, rosicona e polemica del nulla; ma sono in tante a chiedermi questo post. E tanti, perché anche molti uomini si dissociano da messaggi pecorecci e triviali basati sul richiamo di un paio di tette da calendario per vendere qualsiasi cosa. Fino al cinismo dell’utilizzare la “tetta”, ovvero il richiamo sessuale del seno, sfruttando come “buona causa” la lotta contro il tumore al seno stesso. Ha un nome questo abuso: sessualizzazione del cancro al seno.

Parliamo del tumore più frequente e prima causa di morte oncologica nelle donne di ogni fascia d’età. Dunque un problema socio-sanitario d’emergenza. E’ importantissimo l’attivismo contro il tumore al seno e la relativa strage di donne (12.004 morte nel 2012 in Italia-Istat), un percorso sempre difficile (talvolta devastante) anche quando la malattia viene superata, una realtà che conta circa 300.000 donne che (con)vivono con un tumore metastatico.

Questa premessa per precisare: mi va bene qualsiasi campagna che sia realmente utile alla causa, non ho nulla da obiettare verso l’utilizzo del nudo in sé (sono anzi stata promotrice della mostra “Ferite Vincenti” di foto artistiche prevalentemente a seno nudo di donne operate) e amo creatività e spregiudicatezza. A tutto ciò tuttavia non risponde la monotonia e volgarità delle varie rappresentazioni e claim basati sull’esposizione delle ‘tette’ (il seno viene non a caso nominato con un termine adatto a contesti volgarotti, goderecci e maliziosi).

Spiace che questa scelta di marketing sia diventata il brand che ormai contraddistingue uno dei nomi più blasonati dell’associazionismo contro il cancro, la Lilt (Lega Italiana per la Lotta ai Tumori), cui vanno riconosciuti grandi meriti in passato e notevoli meriti anche oggi in alcune virtuose e generose realtà locali che non a caso hanno tentato di boicottare l’irrituale campagna nazionale 2015.

A parte iniziative collaterali che hanno seguito il filone vincente la tetta che vende come le sciocche e ormai dimenticate #fatevedereletette (2014) o #tetteperlascienza (2015), Lilt è ormai sciaguratamente collegato al brand “tette” per molteplici iniziative:

– 2014: per usare le parole di Donatella Tubino (presidente sezione torinese) Lilt ha “prestato la faccia molto volentieri” al video volgare e sessista “posso toccarti le tette” di #NoiCiMettiamoLaFaccia (appunto, non le palle né il cervello). Stolidamente entusiasta, la presidente torinese Lilt pubblicizzava attraverso l’imbarazzante iniziativa “visite gratuite presso i nostri uffici”.

Ma facciamoci un paio di domande: 1. scientificamente, le visite random senza controlli di qualità sono prestazioni utili o inappropriate con distrazione di risorse? O addirittura semplicemente finalizzate a collettori di pazienti/clienti verso determinati Enti? 2. Ammesso che il fine sia (e non è) appropriato, ogni mezzo è lecito? Siamo convinti che abusare donne per strada toccando loro “le tette” sia un’immagine congruente con la merce che la campagna vuol vendere, ovvero la prevenzione di un’orribile malattia che viene sessualizzata nel video strizzando il seno a donne strumentalizzate con la scusa della “buona causa”?

– 2015: tutti/e ricordiamo le polemiche sulla discutibile campagna Lilt nazionale nastro rosa 2015 (con varianti milanesi a seno nudo con l’hashtag #fatelevedere) in cui l’ostentazione di una scollatura da calendario e la posa sexy di una nota cantante hanno scatenato il dissenso sul web, argomentata anche sui blog de ilfattoquotidiano.it sia da me che da Aura Tiralongo, partendo da due prospettive culturali differenti.

Il passo successivo è un nuovo evento che unisce riprese zoomate dall’alto di seni scollati fino al capezzolo, tanto che i due promontori a prima vista possono essere scambiati per natiche (e siamo così in pieno tema tette & culi), con cibo sedicente stellato (modaiolo assai di questi tempi) in un libro di ricette. Claim: “tette e cibo”, per chi non l’avesse capito. Un libro talmente intrigante (sic) da essere segnalato anche su ilfattoquotidiano.it tra i 16 libri per Natale. Bene (anzi male: sto facendo veramente fatica a convincere un buon numero di amiche/i che l’iniziativa non è così beceramente sessista come sostengono), ma cosa c’entra l’oncologia con questo brand, vi chiederete? Purtroppo c’entra, perché su questa iniziativa ci mette il nobile logo l’imperterrita Lilt, questa volta romana. L’invito a un aperitivo di raccolta fondi per il libro, già avvenuto, dice testualmente:

Siamo pronti, siamo caldi. Il cibo c’è, le tette pure e anche Lilt. Come al solito i soldi no e quindi vi invito ufficilamente a un aperitivo mangereccio di livello per la raccolta di fondi per sostenere la stampa del ricettario di TETTE E CIBO. (…) Ci saremo noi, gli illustratori, i cucinatori e tanta gente. (…) Ci saranno le ragazze della Lilt che saranno li per darvi tutte le info utili del caso e mille sorrisi.”

Le “ragazze della LILT”. Tipo le ragazze pon pon, o cin cin. Indignarsi non serve più. Presidente Lilt Schittulli, ministra Lorenzin: sul cancro al seno esigiamo serietà e fatti, oltre a non essere offese con iniziative inutili e sessiste.

Le donne si ammalano, quasi un terzo di esse muore e c’è bisogno urgente, per esempio, di:
– Vigilare sulla corretta diffusione delle breast unit (Senologie) in Italia;
– Coprire il territorio con il Registro Tumori (che si è fermato a un terzo d’Italia);
– Incoraggiare l’adesione allo screening mammografico delle donne del Sud e Isole, basso in modo imbarazzante rispetto al centro-nord;
– Mettere in atto quanto previsto dal Piano Nazionale Prevenzione (PNP) 2014-2018: un percorso per le donne ad alto rischio genetico di tumore della mammella e dell’ovaio;
– Maggiore tutela per le lavoratrici che si ammalano e per le donne in stadio IV;
– Aumentare le risorse per la ricerca sulla prevenzione primaria e sulle cure del tumore metastatico.

Poi, se volete, per festeggiare goliardicamente la sconfitta del cancro al seno possiamo programmare un apericena con spogliarellisti in tanga rosa leopardato. E’ un’idea, se ai creativi mancano altre proposte più eleganti e originali.

Articolo Precedente

Donne, il diritto alla dignità viene prima di tutto

next
Articolo Successivo

Carcere, le detenute sono una minoranza dimenticata

next