“La Spagna è il paese con il più alto tasso di crescita in Europa” sostiene da mesi il premier Mariano Rajoy, vincitore senza maggioranza. No, “la Spagna è lo stato europeo con più disequilibri“, ha risposto a stretto giro la Commissione Europea poche settimane fa per voce del Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici. Chi mente? I dati possono dare un quadro più completo di quel +2,5% di crescita stimato per il 2016 dagli economisti del Fondo Monetario Internazionale e un’analisi delle ultime Politiche può partire anche da qui. Lavoro precario, nel migliore dei casi, e poco pagato, basso potere d’acquisto mensile, elevato rischio di perdere la casa, interessi molto alti contratti con le banche per i mutui. Molte famiglie ancora non vedono i benefici dell’uscita dalla crisi e lo hanno detto chiaramente con il voto delle urne. A pagarne le spese è stato il partito del premier.

La prima questione, la più importante, riguarda il lavoro. A novembre i disoccupati registrati dall’Ine, l’Istituto nazionale di statistica sono stati 4.149.298, una percentuale di senza lavoro del 21,6%, 12 punti in più della media dell’Europa a 28. Peggio della Spagna ha fatto la Grecia con il 24,6%. Non solo: quasi il 60% della quota dei disoccupati è di larga durata, ovvero è più di un anno che non trova impiego e un terzo di questi non ha più diritto nemmeno all’assegno di disoccupazione, quindi non riceve alcun sussidio da parte dello Stato. Va ancora peggio se guardiamo agli under 25: il 47,7% è a casa, senza studiare e senza lavorare (i cosiddetti “Neet”).

I Popolari sostengono di aver riattivato il mercato. È vero, ma solo quello a tempo determinato, che può durare anche solo una settimana. Un esempio: solo a novembre si sono stipulati più contratti temporali (1.471.976, fonte Ine) che contratti a tempo indeterminato da inizio anno (1.401.307). Il numero diventa ancor più sorprendente se calcoliamo l’intero 2015: sono stati firmati 15.600.000 contratti a corto plazo (ovvero di breve durata), ben undici volte il volume di quelli fissi.

Non va meglio se spostiamo l’obiettivo sui salari. Un terzo dei contrattati a tempo determinato, ovvero 5.525.623 persone, hanno ricevuto un bonifico mensile . La crescita di quest’anno non è stata determinata dai lavoratori “creati” dalle politiche economiche del centrodestra ma da un italiano: Mario Draghi. Il presidente della Bce è stato il vero alleato (involontario) del premier. Con le politiche intraprese da Francoforte per l’acquisto dei titoli di Stato ha permesso una caduta decisa del differenziale con il Bund tedesco, permettendo a Madrid di finanziarsi pagando meno interessi. Questo non ha impedito però che il debito pubblico spagnolo, dovuto anche alla ristrutturazione del settore bancario, sia passato dal 69,5% del Pil del 2011, quando Rajoy arrivò alla Moncloa, al 99,3% del 2014. Un dato che preoccupa enormemente Bruxelles. Se aggiungiamo che il debito estero spagnolo equivale al 94,1% del Pil (quasi il triplo del limite di rischio posto dalla Commissione Europea al 35%), e sia per un terzo in mano ai tedeschi, i numeri diventano ancora più preoccupanti.

L’inflazione, ovvero l’indice dei prezzi al consumo, un indicatore fondamentale del potere d’acquisto delle famiglie, è un altro campanello d’allarme. A novembre il dato è stato negativo dello 0,27% e per trovare un segno più bisogna risalire fino al 2012. Senza soldi la gente non spende e non genera una crescita interna solida. Gli sfratti sono stati un altro tema sensibile per molte famiglie. I dati del Consejo General del Poder Judicial segnalano come la diminuzione delle esecuzioni imposte dal tribunale siano passate da 93.363, il picco del 2010, fino alle attuali 38.615. Ma senza un cambio significativo, continua il documento, molte famiglie rischiano ancora di perdere la casa. Una battaglia che ha visto in prima linea Podemos, ed in particolare il sindaco di Barcellona Ada Colau, per interrompere le esecuzioni e promettere un’abitazione per tutti. Non a caso la vittoria più importante del popolo viola è stata quella in Catalogna, dove il partito di Pablo Iglesias ha ottenuto il triplo dei seggi del Pp.

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