Qualche giorno fa è uscito un libro molto interessante e decisamente utile per chi non ha ancora un’opinione in merito all’omogenitorialità, ossia a quelle famiglie composte da due genitori dello stesso sesso. Si intitola “La famiglia in-attesa” (edizioni Mimesis) ed è a firma dello psicologo e psicoterapeuta Federico Ferrari, didatta del Centro Milanese di Terapia della Famiglia.

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A pensarci bene, in realtà, il libro è utile a tutti, visto che la letteratura scientifica internazionale sull’argomento è molto giovane (appena trent’anni) e che in Italia esistono solo un paio di studi, e che quindi non esistono emeriti in materia. E’ utile agli addetti ai lavori (ricercatori, operatori sanitari e del diritto, psicologi, psicoterapeuti, etc) ma anche a tutti gli altri cittadini, perché informa in modo laico e non ideologico su una specificità della contemporaneità tanto complessa quanto delicata, su cui militanze opposte hanno contribuito a creare un disorientamento pericoloso per il destino di tanti bambini e bambine che ad oggi non sono tutelati dal diritto italiano.

I 5 capitoli guidano in modo approfondito all’esplorazione degli studi scientificamente rilevanti pubblicati nei vari continenti con l’obiettivo di separare e distinguere opinioni personali e pregiudizi dai dati oggettivi, e ambientare quindi il dibattito nel campo neutro della conoscenza. La costellazione tematica che rubrica il volume è molto varia e offre una panoramica veramente dettagliata, rispondendo alle domande e alle curiosità più microscopiche. Si va dalla descrizione dell’attualità politica al racconto dei differenti percorsi necessari per diventare omo-genitori, sia nel caso delle due mamme che in quello dei due papà; si spiegano le varie tecniche (surrogacy, inseminazione artificiale, etc), si identificano le problematiche (identità sociale, riconoscimento istituzionale, ruoli di genere, identità sessuale dei figli, omofobia, stigma sociale, etc), e si discutono i paradigmi culturali e simbolici legati al genere, all’eterosessismo e al pregiudizio.

Credo che un libro del genere andrebbe letto da chiunque sia coinvolto (o si senta tale) nell’esercizio di una funzione pubblica, dagli opinion leader agli insegnanti, dai politici ai legislatori, dagli intellettuali ai medici, dai giornalisti ai comici, fino agli artisti e agli show-man. Perché insegna a pensare qualcosa che non si sa pensare, qualcosa che non riusciamo a figurarci perché non è mai esistito finora né si conosce, e in questo modo aiuta a trovare le parole per dirlo, comunicarlo, sceneggiarlo, trattarlo, comprenderlo, raccontarlo, e così via, formando l’immaginario che manca, costruendo un dialogo libero, aperto, creativo.

Ma “La famiglia in-attesa” non fa luce solo sulle nuove forme dell’amore genitoriale: si spinge ad indagarle con scrupolo e lungimiranza fino ad integrare, come spiega nella prefazione il bravo Paolo Rigliano, il punto di vista dei “nuovi” genitori con quello dei “nuovi” figli, e a individuare il processo di costruzione del sé-figlio in rapporto al sé-genitori. “Questo testo – sostiene Rigliano – si distingue per originalità e rigore, perché a differenza di altre pubblicazioni finora apparse nella letteratura internazionale, dischiude la profondità complessa del fenomeno, illuminandone tutti gli aspetti problematici, le domande destabilizzanti, i punti poco chiari, le questioni oscure alla gran parte dei lettori, avendo il coraggio di farsi carico delle inquietudini, delle paure, delle incertezze di tutti”.

E soprattutto, aggiungo io, al libro va il merito di riflettere in modo raffinato ma concreto su questioni antropologiche fondamentali che uniscono invece che dividere, perchè riguardano tutti: cosa fa di un genitore un buon genitore? Cosa significa far crescere i figli nella salute e nella verità? Perchè è indubbio che se l’amore omosessuale ci ha costretti a interrogarci sul significato dell’amore, la genitorialità omosessuale ci costringe a interrogarci sul significato della famiglia. Lo dice bene Rigliano, “la storia dell’umanità può anche essere vista come lotta per il superamento di qualche Ordine che si pretende assoluto e che viene imposto come naturale e sacro”, quella che hanno combattuto tutte le comunità discriminate, dalle donne ai neri, dagli ebrei agli eretici, e tutti i portatori di qualche differenza, coloro cioè che si sono impegnati nella scomposizione e ricomposizione di Weltanschauung (?) troppo rigide ed esclusive per conquistare nuove forme di valorizzazione della vita.

Insomma, a Ferrari il merito di fornire a tutti uno strumento oggi divenuto urgente per orientarsi in un dibattito confuso che spacca la società, chiamata all’impossibile scelta se aderire alla militanza Lgbtqi o al fondamentalismo dei gruppi cattolici reazionari. Di sicuro, dopo questa lettura, nessuno rischierà più di farsi manipolare da fantasiose campagne “antigender” né da qualunque altra istigazione all’odio contro le famiglie arcobaleno, perché l’esercizio etico del confronto sui valori comuni diventa punto di non ritorno nel cammino verso l’emancipazione personale e culturale e verso la valorizzazione di una umanità plurale e unita. Chapeau.

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