Pronti a votare il referendum: sulle trivelle gli italiani hanno le idee chiare e credono che i rischi siano maggiori dei benefici. Secondo i risultati del sondaggio commissionato da Greenpeace all’Istituto Ixè, il quorum sarebbe certamente raggiunto, dato che quasi la metà degli intervistati si dichiara certo di andare a votare i quesiti referendari. Con quale risultato? L’indagine rileva che il 47% si dichiara contro le trivelle, mentre il 18% è a favore. Per Greenpeace questi numeri dimostrano che gli emendamenti alla Legge di Stabilità presentati dal governo Renzi “sono il tentativo per scongiurare il referendum”.

Ne è convinto Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima dell’organizzazione. “Forse nelle stanze di Palazzo Chigi sono circolati sondaggi simili che hanno fornito un quadro di quale fosse l’orientamento dell’opinione pubblica”, dice a IlFattoQuotidiano.it. Uno scenario descritto in queste ore anche dai deputati di Alternativa libera Possibile Pippo Civati e Marco Baldassarre e, già all’indomani del dietrofront del governo, anche dai movimenti ‘No triv’.

PRONTI AL VOTO – Quasi la metà degli italiani è a conoscenza del referendum, ma solo il 21% si sente davvero informato. Una quota che sale al 60% nelle regioni direttamente interessate. Dai dati raccolti dall’Istituto Ixè, il 47% si dichiara certo di andare a votare. La maggiore mobilitazione si registra tra gli elettori di Sel, Pd e Movimento 5 Stelle, mentre “sono più tiepidi gli elettori della Lega Nord e di Fratelli d’Italia”. Sommando al 47% di cittadini che si dichiara pronto al voto una quota ulteriore di intervistati che ritengono largamente probabile la loro partecipazione al voto, il quorum sembra essere un obiettivo raggiungibile. Dati alla mano, si supererebbe abbondantemente il 50%.

LA PREVISIONE DEI RISULTATI – Sul tema delle trivellazioni in mare nell’opinione pubblica dominano scetticismo e contrarietà. Tra quanti andrebbero a votare, il 47% si dichiara contro le trivelle, mentre solo il 18% è favorevole alle estrazioni di gas e petrolio in mare (il 29% è indeciso, il 7% non risponde). Nelle regioni direttamente interessate il vantaggio del ‘sì’ ai referendum è come prevedibile più netto, raggiungendo il 50%. Il sondaggio evidenzia anche quel che gli intervistati si attendono da un incremento delle estrazioni in mare.

IDEE CHIARE SU RISCHI E BENEFICI – Nella percezione dei cittadini problemi come inquinamento, rischio di terremoti e ripercussioni economiche sul turismo e sulla pesca prevalgono nettamente sui benefici. L’89% degli intervistati ritiene che le trivelle siano pericolose per la fauna marina, l’81% pensa che inquinino il mare, per il 78% porterebbero danni alla pesca, mentre per il 72% sarebbero pericolose per la popolazione residente lungo le coste. Più basse le percentuali di chi crede ai benefici: il 65% riconosce il vantaggio di ridurre la dipendenza energetica dall’estero, per il 50% degli intervistati le trivelle porterebbero vantaggi alle economie locali, per il 58% creerebbero nuovi posti di lavoro.

Idee chiare anche sul potenziale energetico del piano fossile di Renzi e sui vantaggi economici: solo il 14% ha attese ottimistiche, mentre per il 54% degli intervistati le riserve estratte coprirebbero solo una quota modesta del consumo nazionale di petrolio. In effetti, secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico, sotto i nostri fondali vi sono riserve certe equivalenti ad appena 7-8 settimane di consumi nazionali. Secondo la maggior parte degli italiani a trarre vantaggio dall’eventuale scoperta di giacimenti in mare sarebbero soprattutto le compagnie petrolifere (le uniche a beneficiarne per il 65% degli intervistati).

GREENPEACE: “LE GIRAVOLTE DEL GOVERNO” – Per Greenpeace questi dati dimostrano che il referendum anti-trivelle avesse delle chance di andare in porto. E che proprio per questo il Governo abbia cambiato strada. “Dopo aver rivendicato più volte la volontà di sfruttare sino all’ultima goccia le scarsissime (e di pessima qualità) risorse di idrocarburi in terra e mare, dopo aver deriso i movimenti che a questi piani si oppongono, oggi Renzi sembra voler fare in fretta e furia marcia indietro”, dice Boraschi. Che ha un’opinione chiara sui retroscena di questa scelta: “Forse nelle stanze di Palazzo Chigi sono circolati sondaggi simili, che confermano quanto rilevato per Greenpeace dall’Istituto Ixè, ossia che gli italiani non vogliono le trivelle nei loro mari”.

Per il responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace “così si spiegherebbero le giravolte di un esecutivo che sembra voler smentire se stesso sull’indirizzo energetico del Paese. Poche idee, insomma, ma nefaste e confuse”. Bocciatura totale, dunque, sulle politiche del governo che, per Greenpeace, ha solo una chance: “Capire che il suo piano è un non sense in termini energetici, economici e occupazionali, una sciagura per i nostri ecosistemi e la dimostrazione, rispetto agli impegni per la protezione del clima appena presi a Parigi, che l’Italia è un Paese poco credibile”.

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