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Anoressia, Francia contro le modelle troppo magre: servirà certificato medico per sfilare. E ok photoshop solo se dichiarato

Da ora in poi, per fare la mannequin, sarà necessario un documento che attesti l’assenza di disturbi alimentari. Non solo: le riviste che pubblicano fisici magrissimi, ovviamente “rivisti”, dovranno indicare che si tratta di una “foto ritoccata”

di Leonardo Martinelli

Una legge anti-anoressia, che interessa da vicino le modelle, è stata appena adottata dal Parlamento francese. Forse non coraggiosa fino in fondo (già sono scoccate le prime critiche di chi ritiene che bisognava andare oltre) ma in realtà la scelta è stata per il pugno duro: da ora in poi, per fare la mannequin, sarà necessario un certificato medico che attesti l’assenza di disturbi alimentari. Non solo: le riviste che pubblicano fisici magrissimi, ovviamente “rivisti” grazie a photoshop, dovrà indicare che si tratta di una “foto ritoccata”.

Cominciamo dalla prima misura. Il certificato medico dovrà provare che “lo stato di salute della modella o modello, valutato soprattutto in riferimento all’indice di massa corporeo, è compatibile con l’esercizio della sua professione”. Chi non rispetta la regola (sia la modella che il responsabile dell’agenzia che la fa lavorare) rischia fino a sei mesi di carcere e 75mila euro di multa. Una versione precedente della legge prevedeva addirittura di fissare un indice di massa corporea minimo sotto il quale fosse proibito fare la modella. Ma il mondo della moda era insorto. E poi, tanti deputati avevano considerato più efficace e giusta l’introduzione di un certificato, che tenga conto pure di altri fattori e della “storia alimentare” del soggetto.

L’altra importante misura, compresa nella legge, riguarda la menzione “foto ritoccata”, che sarà obbligatoria “ogni volta che l’apparenza corporea sarà modificata per affinarne la silhouette”. Nella legge anti-anoressia era prevista inizialmente una norma aggiuntiva, l’introduzione di un nuovo reato, ossia l’incitazione a “una magrezza eccessiva”. Nel mirino dei legislatori c’erano soprattutto i siti “pro-ana” (favorevoli all’anoressia), che si diffondono sempre più. Era addirittura prevista una pena di un anno di carcere, associata fino a 10mila euro di multa. Ma la novità era stata esclusa dal progetto di legge già a fine novembre. Contrari erano perfino i professionisti del settore dei disturbi alimentari. Come ha sottolineato Catherine Lemorton, deputato socialista, presidente della commissione degli Affari sociali, “uno studio scientifico recente ha mostrato che gli autori dei siti web, che sarebbero stati presi di mira da quella misura, sono anche loro in genere interessati da disturbi alimentari”. Insomma, la repressione si sarebbe abbattuta su persone vittime della stessa malattia che si vuole combattere. In Francia sono fra i 30mila e i 40mila i soggetti colpiti da patologie come l’anoressia o simili, per il 90% adolescenti. E a Parigi, una delle capitali mondiali della moda, il dibattito sull’argomento è vivace e appassionato da anni.

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