Stefano Cucchi fu picchiato, senza “alcun dubbio di natura oggettiva”. Annullare l’assoluzione per i 5 medici e confermarla per i 3 agenti della polizia penitenziaria. Sono i passaggi fondamentali della requisitoria del procuratore generale di Cassazione Nello Rossi alla vicenda del geometra di 31 anni deceduto nell’ottobre del 2009 nell’ospedale ‘Pertini’ di Roma, a una settimana da suo arresto. I giudici della V Sezione penale della Suprema Corte sono chiamati a decidere se convalidare la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma del 31 ottobre 2014 che aveva assolto tutti gli imputati.

In sostanza, il pg Rossi ha chiesto, da un lato, un parziale accoglimento del ricorso della Procura di Roma e, dall’altro, il rigetto dei ricorsi presentati dai famigliari della vittima contro le assoluzioni accordate ai tre agenti di Polizia penitenziaria Nicola Minichini, Corrado Santantonio e Antonio Domenici. Per quanto riguarda la posizione dei tre agenti, il pg Rossi ha evidenziato che bisogna prendere atto che “gli accertamenti compiuti sui tre agenti non hanno portato a trovare responsabilità”. L’invito della pubblica accusa di piazza Cavour è stato a non mettere “una pietra tombale sulle cause della morte di Cucchi, persona morta in un ospedale pubblico che è stata violata nella dignità”.

“Le violenze su Stefano Cucchi ci sono state, inevitabilmente – ha spiegato Rossi – non c’è alcun dubbio di natura oggettiva sono state poste in essere in un arco di tempo che va dalla perquisizione notturna a casa dei genitori di Cucchi (dove Stefano è giunta ancora illeso) alla fine della sua permanenza a piazzale Clodio per la convalida del suo arresto” ovvero “mentre lui era a disposizione delle autorità. Questi comportamenti di violenza vanno ricercati a approfonditi in ogni modo”.

Nella requisitoria, nella quale si fa un chiaro riferimento all’inchiesta bis che coinvolge 5 carabinieri, si evidenzia che “sono molti gli elementi che ci fanno capire che c’è stata una azione violenta prima dell’ingresso nei sotterranei di piazzale Clodio” e che occorre “andare a ricercare altrove la verità”. Rossi ha auspicato che “i nuovi accertamenti” disposti dalla Procura di Roma – che, venerdì scorso a distanza di sei anni dai fatti, ha fatto richiesta di incidente probatorio nei confronti di alcuni carabinieri chiedendo al gip una nuova perizia medico-legale sulle lesioni patite da Cucchi subito dopo l’arresto – possano “fare luce sui tanti punti oscuri della vicenda”.

Va annullata con rinvio, invece, ha spiegato ancora il pg, l’assoluzione dei cinque medici prosciolti in appello. In particolare il pg Rossi ha chiesto un nuovo processo per i medici del Pertini Aldo Fierro, Stefania Corbi, Flaminia Bruno, Luigi De Marchis e Silvia Di Carlo in accoglimento del ricorso del pg di Roma Mario Remus in relazione all’accusa di omicidio colposo. Confermata invece l’assoluzione della dottoressa Rosita Caponetti, già prosciolta per falso ideologico.

I referti dell’ingresso di Cucchi nella struttura protetta dell’ospedale romano ‘Pertini’ “devono essere considerati come un capitolo clamoroso della sciatteria e trascuratezza della assistenza riservata a Cucchi al Pertini”, ha detto ancora Rossi, secondo il quale, “se si confermasse assoluzione per i medici, sarebbe una pietra tombale sulla morte di Stefano Cucchi”. “A fronte della estrema e vistosa magrezza del Cucchi al suo arrivo al Pertini (tale da costringere a praticargli le iniezioni di antidolorifico sul deltoide e con aghi più piccoli del normale) e delle sue condizioni di paziente fratturato e cateterizzato – ha osservato il procuratore generale – all’esame obiettivo eseguito, dalla dottoressa Caponnetti poi assolta anche dal reato di falso ideologico perché ritenuta solo superficiale, il Cucchi risultava così descritto: condizioni generali buone, stato di nutrizione discreto, apparato muscolare tonico, apparato urogenitale con nulla da rilevare!”.

Cucchi pesava solo 34 chili, ha fatto presente il pg aggiungendo che “dati come questi non possono semplicemente ‘sparire’ o essere relegati in secondo piano nel ragionamento del giudice di appello che nella sua motivazione deve farsi carico, se vuole ribaltare le conclusioni dei giudice di primo grado, di spiegare come possa essere ritenuta adeguata ed attenta l’accoglienza al Pertini del paziente Cucchi che nonostante il suo stato complessivo e nonostante avesse il catetere inserito dal medico dell’ospedale Fatebenefratelli, viene qualificato all’ingresso come un soggetto in buono stato sul quale non c’è nulla da rilevare neppure in ordine all’apparato urogenitale“. Ad avviso del pg Rossi andava valutato “anche il comportamento tenuto dalla Caponnetti anche per valutare gli standard di assistenza forniti al Pertini”. Ma per questa dottoressa Rossi non ha potuto chiedere un nuovo rinvio all’appello bis per mancanza sul punto di specificità del ricorso della Procura di Roma. Secondo Rossi dati di questo genere “non possono sparire quando si analizza la vicenda di un paziente morto dopo una settimana di ospedale”.

“Dai membri di Corpi di Polizia e dai medici la collettività ha il diritto di esigere il massimo di correttezza, di rispetto umano, di osservanza delle leggi dello Stato di diritto se si vuole evitare che il potere dello Stato degradi ad arbitrio ed a mera violenza e sia irrimediabilmente delegittimato agli occhi dei cittadini – ha sottolineato Rossi – lo Stato senza diritto è una banda di briganti, come ha scritto Sant’Agostino e come ci ha ricordato un fine teologo come Benedetto XVI”.

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