banca675

Il controverso provvedimento con il quale il governo ha salvato 4 banche, che da tempo erano oggetto di commissariamento da parte della banca centrale, ha suscitato ulteriori discussioni in seguito al suicidio di un risparmiatore danneggiato dalla vicenda.

Cercando di mettere da parte per quanto possibile le strumentalizzazioni politiche e lo sciacallaggio nei confronti di delicate vicende umane c’è materia sufficiente per qualche considerazione in tema di politica economica, strutture di regolamentazione e di vigilanza e di come l’interazione tra queste due influenzi non solo il sistema di incentivi all’interno dei quali si muovono gli individui, ma anche il modo in cui essi guardano la realtà e formano la propria “cultura economica”.
Prima domanda: perché si parla di salva banche, di risparmiatori danneggiati, di responsabilità del governo e delle autorità di vigilanza e non di “Affossa banche” (coloro che le hanno amministrate o vi ricoprivano ruoli di rilievo), di venditori senza scrupoli e in ultima istanza di consumatori che potevano avere qualche attenzione prima affidare i propri risparmi?
Prima risposta, le banche vengono percepite ovunque come imprese particolari, meritevoli di tutele straordinarie* e questo produce l’aspettativa che ci sarà sempre una “soluzione di sistema” o un intervento pubblico che ne eviterà il fallimento. e di qui l’indignazione per il fatto che in questa vicenda, numerosi piccoli risparmiatori siano invece rimasti danneggiati.
Quindi la policy passata** di aver sempre “salvato le banche” induce nei consumatori degli incentivi perversi (se le banche non possono fallire perché preoccuparsi di affidargli i propri risparmi?) che si traducono in una visione distorta della realtà e in una cultura economica al rovescio: il colpevole numero uno è lo Stato, mica gli amministratori delle banche o chi ha effettivamente venduto le azioni e le obbligazioni subordinate.
Seconda domanda: quali sono i termini oggettivi della questione per cercare di farsi un’idea ragionevole? Risposta: Da un lato, salvare sempre le banche a tutti i livelli le induce a prendersi rischi per i quali altri pagheranno le conseguenze (Moral hazard) e induce i risparmiatori a disinteressarsi delle sorti di chi gestisce i loro investimenti, dall’altro lasciar fallire le banche ha costi sociali elevati e potenziali controindicazioni tra i quali spicca il rischio che si verifichi una Bank Run un fenomeno per cui il fallimento di una banca spaventa i correntisti delle altre (anche di quelle sane) inducendoli a ritirare i propri depositi generando problemi di liquidità.
Come trovare un ragionevole compromesso? Ipotizzare un salvataggio per gli azionisti o per gli obbligazionisti subordinati ancorché limitato ai piccoli risparmiatori, risulta difficile da sostenere poiché contravverrebbe alla natura stessa di questa tipologia di titoli. Si tratta di una forma di investimento che comporta dei rischi e che dovrebbe essere acquistata solo da chi è in grado di comprenderli ed è pronto ad accettarne le possibili conseguenze negative.
Se ci sono stati degli abusi nel nel collocamento di questi titoli, andrebbe perseguito chi ha commesso questo abuso (a tutti i livelli), come pure andrebbe rivista la normativa che presiede alla diffusione di questi titoli se non adeguatamente tutelante nei confronti dei piccoli risparmiatori. Viceversa, l’intervento dello Stato in sostegno di chi è stato danneggiato, avrebbe l’effetto di creare un pericoloso precedente per analoghe situazioni future.
D’altro canto, non si può pretendere che chi apre un semplice conto corrente debba preoccuparsi della solvibilità dell’istituto o comunque possedere competenze sufficienti a valutarla. Per ovviare a questo esiste una regolamentazione severa l’esercizio dell’attività bancaria e una tutela per i depositi di importo inferiore a 100mila euro per conto corrente.
Il quadro di riferimento più equilibrato, quindi è che chi decide di acquistare azioni o obbligazioni bancarie si assuma il rischio connesso con questa tipologia di investimento (rischio a fronte del quale percepisce un rendimento) limitando la tutela ai depositi in conto corrente fino ad una certa soglia ed  lo schema che verrà confermato dalla direttiva UE  The Bank Recovery and Resolution Directive (BRR) in vigore da gennaio 2016.
Come leggere quindi, alla luce di queste considerazioni la vicenda del salva banche e dei risparmiatori danneggiati?
1- Corretto che siano stati azzerati i valori delle azioni e delle obbligazioni subordinate, non si sarebbe potuto fare altrimenti alla vigilia dell’introduzione della nuova normativa e in ogni caso una linea diversa avrebbe costituito un precedente negativo;
2- deprecabile che azioni e obbligazioni subordinate siano state vendute a piccoli risparmiatori (verosimilmente ignari) e questo proposito è necessario perseguire chi ha collocato in modo improprio questi titoli e intervenire perché questo non avvenga più in futuro;
3- Problematico immaginare un ristoro per i piccoli risparmiatori danneggiati, perché occorrerebbe entrare nel merito delle singole posizioni,si creerebbe una ingiusta disparità nei confronti di tutti gli altri risparmiatori, che ogni giorno subiscono delle perdite sui propri portafogli e una deleterio precedente per il futuro in cui chiunque potrebbe pretendere un trattamento analogo
*ad es per il diritto italiano non sono soggette a fallimento, ma a liquidazione coatta amministrativa
** si veda uno per tutti il caso del Banco di Napoli
Articolo Precedente

Banche e fallimenti bancari: una lettera marziana

next
Articolo Successivo

Firenze, salta il regalo di Natale a Carrai: l’aeroporto

next