Lo “choc sovietico” negli anni novanta, lo “choc venezuelano” ora.

Lo sguardo che Cuba rivolgeva a Mosca, vista come unico approdo possibile per aggirare l’embargo, dopo la rovinosa caduta dell’Unione Sovietica, venne reindirizzato verso la Caracas di Hugo Chávez. Una virata che ha portato l’economia dell’isola a dipendere dal sistema venezuelano, il 40% degli scambi commerciali complessivi con l’estero è con la Repubblica Bolivariana di Venezuela, mentre negli anni ’90 i traffici con il partner sovietico di fermavano al 28,2%.

È il petrolio a segnare una differenza così netta: Cuba importa principalmente greggio estratto nei pozzi venezuelani, le petroliere trasferiscono verso l’isola 90 mila barili giornalieri secondo El Nacional, portale informativo di Caracas, in parte raffinato negli impianti di Cienfuegos, nel centro-sud dell’isola.

Nei rapporti economici tra i due paesi, insieme ai barili di petrolio e ai prodotti derivati, vanno computati anche i servizi professionali. Sono circa 30 mila i medici, tecnici e paramedici cubani trasferitisi in Venezuela nell’ambito del programma “Barrio Adentro”, avviato 12 anni fa dal governo venezuelano. Dossier indipendenti segnalati su blog della dissidenza cubana riportano alcuni dati della missione sanitaria: il governo di L’Avana riceverebbe da Caracas tra i 16 e i 18 mila dollari mensili per ogni medico impiegato nel programma, al professionista sarebbe riconosciuto un compenso di 230 dollari al mese, con ulteriori 200 dollari circa depositati mensilmente su un conto cubano e ancora 50 dollari consegnati alla famiglia residente nell’isola. Il denaro depositato sul conto cubano rimarrebbe “bloccato”, durante l’esercizio della missione, per essere utilizzato solo al rientro in patria.

Una misura che va oltre la connotazione retributiva del versamento, apparendo piuttosto un espediente vagamente ricattatorio, i risultati, tuttavia, sono discutibili visto che parte dell'”esercito” di medici e infermieri ha “disertato”, riparando nella vicina Colombia per richiedere alle autorità locali il visto per gli Stati Uniti.

Qué pasaría si gana la derecha?” (cosa succederebbe – al programma sanitario, ndr se vincesse la destra?) è la domanda allarmata che ancora campeggia sul sito web istituzionale del governo venezuelano.

Il popolo ha risposto: ha trionfato, come noto, la Mesa de Unidad Democrática, gli oppositori al chavismo reinterpretato da Nicolás Maduro. Un risultato elettorale con riflessi sulla Plaza de la Revolución di L’Avana.

“Dare nuovo impulso alla Rivoluzione bolivariana” si legge sul sito del Granma, organo del partito comunista cubano, intanto Cuba già spinge verso nuove cooperazioni economiche, il paese caraibico lo scorso 12 dicembre ha raggiunto una storica Intesa per la ristrutturazione del debito estero. Quattordici paesi creditori membri del club di Parigi, tra essi l’Italia, hanno firmato l’accordo con Cuba che prevede il pagamento in 18 anni degli arretrati, a fronte della cancellazione progressiva degli interessi. L’Italia, quarto creditore con uno stock del debito pari a 507 milioni di dollari, si impegna – con gli altri principali creditori (Francia, Giappone e Spagna) – a convertire parte degli arretrati dovuti in progetti di sviluppo sull’isola.

La normalizzazione è avviata: si invoca lo spirito rivoluzionario mentre il paese si apre al mercato dei capitali e alla finanza internazionale.

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