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Dispetti  politici e/o conflitti veri sul futuro del cemento e del verde a Milano. Molti si sono arrabbiati nell’appassionato mondo della politica milanese di centro-sinistra per il voto contrario di 5 “dissidenti” della maggioranza, ai quali si è sommato pugnace e compatto il centro-destra, bocciando così un accordo che era stato sottoscritto da Maroni, non solo da Pisapia, con le Ferrovie, sulla riurbanizzazione delle aree dismesse ferroviarie. Poi la Giunta, a sorpresa, ha riadottato la delibera e ora cercherà di farla riapprovare, avendo pochissimi giorni di tempo.

Non mi hanno convinto gli anatemi di chi ha condannato come giocatori politici in malafede i dissidenti. Ma non ho capito subito perché il centro-destra comunale abbia affossato l’accordo sottoscritto da Maroni rischiando di far la figura degli “sfasciatori”. Ho un po’ indagato e mi sono fatto una mia idea. Non quella complottista che l’accordo sia stato bocciato da destra perché troppo verde e sociale (mentre viceversa i 5 dissidenti da sinistra sostengono che c’è troppo cemento privato previsto). L’ipotesi che mi son fatto è che non ci sia alcuna vera pressione di costruttori e immobiliaristi – e quindi neanche pressione sul centrodestra – ma che l’accordo interessi al momento solo a Ferrovie per valorizzarsi (e all’immagine politica di governo). Mi ha illuminato l’intervista che ho fatto a Luca Beltrami Gadola, esperto del settore, direttore di Arcipelago Milano, per anni commentatore urbanistico su Repubblica.
La bocciatura dell’accordo di programma sulle aree ferroviarie blocca l’avvio di progetti?

Non mi sembra proprio che ci sia mercato, almeno al momento, non si muove niente. In ogni caso si sarebbe dovuto aspettare almeno qualche anno per vedere qualche cosa. Anche De Albertis (leader dei costruttori, ndr) diceva informalmente qualche giorno fa che non c’era fretta, perché l’offerta di edilizia è molto superiore alla domanda

Dei contenuti dell’accordo di programma cosa pensi?

Da anni sostengo la tesi – che adesso vedo raccolta in alcune prese di posizione – che scali e rilevati ferroviari sono dei beni comuni, non possono essere venduti come un’area privata di una società privata, Ferrovie. Se oggi quelle aree possono avere un grande valore è perché la collettività, la città che gli è cresciuta intorno, le ha valorizzate. L’incremento enorme di valore immobiliare glielo abbiamo dato tutti noi. Dovrebbero essere pubbliche, date al Comune.

Ma ci vorrebbe una legge per questo..

E perché un comune come quello di Milano non può pretendere una legge che disponga che le aree ferroviarie sono un bene comune? Le cose possono cambiare, anche con una sorta di retroazione legislativa, non bisogna rassegnarsi a lasciarle come stanno.”

Quindi andava bocciato?

Se era di fronte a una ratifica, quella che si pretendeva adesso, la discussione pubblica andava fatta prima, e questo lo dico anche agli oppositori. D’altra parte loro dicono che gli è capitata tra capo e collo, non so.

Visto che le aree anche se dovrebbero non sono pubbliche, non era questo un buon compromesso?

Nella logica del meglio ‘qualcosa che niente’ bisogna valutare. Era questa la soglia migliore che si poteva ottenere? Certo a me alcune cose non sono piaciute, come la palese differenza di indici edificatori tra le diverse aree, come a precostituire diverse destinazioni d’uso. E poi comunque si stava perdendo l’occasione di mettere in un unico grande disegno anche le aree dismesse militari e le aree Expo. Milano non ha fretta di nuove costruzioni, la popolazione non cresce.

Quindi la tua tesi è che c’è tempo di far le cose meglio. Ma non è che ci sarebbe la possibilità di qualche  investitore-compratore straniero?

Mio figlio lavora in questo periodo tra Doha e Bahrein. Mi racconta che anche lì ci sono grattacieli vuoti. Forse pensano che qui si riempirebbero prima. Ma a noi interessano grattacieli vuoti?

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