I tormenti per Renato Brunetta non sono finiti. La settimana scorsa il capogruppo alla Camera di Forza Italia è riuscito a scampare l’offensiva di Elio Vito e di buona parte dei deputati (almeno i due terzi) che avevano chiesto un voto per sfiduciarlo dalla presidenza del gruppo, ma il passo indietro di Silvio Berlusconi, che all’inizio aveva dato il via libera, alla fine ha frenato gli oppositori. Che per il momento si sono dovuti accontentare della decisione di togliere a Brunetta il Mattinale, l’house organ del gruppo a Montecitorio che l’ex ministro, secondo molti deputati, utilizza come giornale personale per propagandare il suo pensiero. Tutto, però, è rimasto sulla carta, perché il Mattinale in questi giorni ha continuato a uscire sempre dagli uffici di Brunetta. Con toni leggermente più soft e dando spazio a più voci. “Forse così Brunetta spera di tenersi il giornale, ma questo non avverrà: dovrà mollarlo” dice uno dei deputati più anti-brunettiani. La decisione verrà presa questa settimana, quando, presumibilmente giovedì, si riunirà il direttivo del partito alla presenza dell’ex Cavaliere.

La questione non è di semplice soluzione, anche perché il Mattinale è un impegno lavorativo non indifferente: riunione di prima mattina con Brunetta, Renato Farina e lo staff, confezionamento dei contenuti, uscita verso l’ora di pranzo. Non tutti sono in grado di realizzare un prodotto simile. Che però fa gola. Alla responsabile della comunicazione Deborah Bergamini, per esempio, che da tempo avrebbe chiesto a Berlusconi di affidarle il giornale. E anche ad Andrea Ruggeri, responsabile dei rapporti con le tv, il nipote di Bruno Vespa, sempre più a stretto contatto con il leader. Il Mattinale è uno degli snodi su cui si sviluppa il malcontento verso il capogruppo. Specie dal punto di vista economico: per i ribelli, infatti, il giornale costa un milione di euro l’anno, per Brunetta solo 200mila.

I soldi, come sempre, anche in questa storia contano molto. La riduzione del budget che la Camera passa al gruppo parlamentare di Forza Italia a causa dell’abbandono di diversi deputati (da 70 a 53 dal 2014 a oggi) è stata la miccia che ha fatto esplodere il malcontento che da tempo covava sotto la cenere. Con meno risorse a disposizione, Brunetta è stato costretto a lasciare a casa almeno una decina di persone. Ma, secondo i ribelli, nessuno di quelli portati da lui. A inizio legislatura, infatti – secondo alcune fonti – su 38 persone dello staff del gruppo, tra comunicazione e funzionari, ben 29 erano i fedelissimi del capogruppo, tra i quali alcuni collaboratori storici di Brunetta giunti dalla sua Free Foundation o suoi ex dipendenti al ministero. Come la temutissima segretaria Stefania Profili. O l’avvocato Paolo Narciso, messo al legislativo. Tra i fedelissimi anche Pasquale Calzetta e Paola Tommasi, quest’ultima dello staff economico del capogruppo, di cui ha fatto parte come consulente anche l’ex sottosegretario del governo Monti Gianfranco Polillo. Inserimenti che non sono stati graditi dal personale storico di Forza Italia a Montecitorio e con cui i rapporti sono stati difficili fin dall’inizio. Figuriamoci quando poi Brunetta ha dovuto licenziare alcune persone e passarne altre a contratti a tempo determinato. Da ultimo, qualche malumore ha suscitato anche l’incarico affidato all’ex deputato Osvaldo Napoli come responsabile del rapporto con gli enti locali. Insomma, il clima è rovente. Tanto che, tra i funzionari e i collaboratori rimasti, ormai si lavora in un clima di veleni e sospetti reciproci.

Poi c’è la questione più meramente politica, ovvero i deputati che accusano Brunetta di gestire il gruppo in maniera totalmente autonoma. Non solo per quanto riguarda le risorse (poco più di 4 milioni di euro il finanziamento ricevuto dalla Camera nel 2014), ma soprattutto sulla linea politica. “Non tutti condividono l’anti-renzismo spinto del capogruppo, su certi temi altri parlamentari hanno posizioni più soft. E comunque si vorrebbe poter discutere di più e decidere tutti insieme, non trovarsi la linea da seguire stampata sul Mattinale alle due di pomeriggio”, racconta un altro deputato.

Insomma, le tensioni all’interno del gruppo forzista a Montecitorio non sono affatto sopite. E ancora vive sono le speranze di chi spera in un cambio al vertice quanto prima. Resta da vedere se Berlusconi vorrà mettere mano a cambiamenti che rischiano di fargli esplodere il partito in mano alla vigilia delle amministrative. Anche se la situazione, secondo i deputati ribelli, almeno a Montecitorio esplosiva lo è già.

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