“No operator should place oil production goals ahead of protection
of its workers or the marine environment”

Nel giudizio contro la ATP Oil and Gas di Houston condannata
a pagare 42 milioni di dollari per riversamenti di materiale tossico in mare

Uno dei mantra dei petrolieri che sento ripetere dal 2007, anno in cui è iniziato il mio attivismo, è che i fanghi di trivellazione – a terra, in mare – sono composti innocui, a base di acqua, con ingredienti biodegradabili e con effetti “nulli e trascurabili” sull’ambiente. I petrolieri lo scrivono su ogni santa valutazione ambientale che ho potuto leggere.

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Può darsi che sia così, e che i nostri petrol-amici d’Italia siano maghi del sottosuolo e che riescano ad arrivare a quattro o cinque chilometri sotto la crosta terrestre con acqua e polverine benigne magiche. Ma da quest’altro lato dell’oceano il caso della ditta petrolifera Atp Oil and Gas di Houston mi lascia molto da pensare.

La Atp ha infatti appena patteggiato il pagamento di quasi 42 milioni di dollari di multa per il riversamento illecito in mare di sostanze chimiche e di composti petroliferi dannosi per l’ambiente. Il riversamento è arrivato dalla piattaforma Atp Innovator nel golfo del Messico a 125 miglia da New Orleans.

Contro la Atp, il Dipartimento della Giustizia e dell’Interno americano, il Bureau of Safety and Environmental Enforcement, e l’Environmental Protection Agency, una sorta di Ministero dell’Ambiente. Il caso si e’ concluso il 19 Novembre 2015 con due patteggiamenti firmati in Texas e Louisiana da parte della Atp Oil and Gas.  Fra le accuse quella di usare tubature che convogliavano segretamente materiali illegali e petrolio in eccesso in mare.

La piattaforma Atp Innovator è stata installata nel 2006, e aveva un sistema di trattamento di acque e fanghi di scarto a bordo. Questo significa che prima di mandare il materiale tossico in mare, prassi del tutto normale nell’industria petrolifera, checché se ne dica in Italia, questo materiale doveva essere trattato. La piattaforma aveva anche dei sistemi di monitoraggio in modo da misurare la tossicità di questi rifiuti dopo il trattamento e prima di essere rilasciati nel golfo del Messico.

Un bel giorno del 2012 arriva un ispettore. Trova un tubo nascosto che mandava rifiuti di perforazione in mare senza essere trattati né analizzati.  Il tubo era collegato a una tanica di dispersanti che servivano a diluire gli scarti in modo da favorirne il camuffamento una volta arrivati in mare. Il dispersante si chiama Cleartron ZB-103 e la tanica aveva anche la scritta “dannosa alla vita marina” che il diligente operatore fotografò.

Il tutto era ovviamente illegale. La piattaforma incriminata fu rimossa nel 2013. Nel 2014 la prima richiesta di multa di un milione di dollari. Ma in questi giorni il pagamento e’ salito a 42 milioni. 41.95 per la precisione. Perché una multa così elevata? Per il principio di multe salate che fungano da deterrenti.

L’Assistant Attorney General John Cruden ha infatti detto che il comportamento illegale e pericoloso dell’Atp ha portato a questa severa decisione “come esempio per il futuro, in modo che altre ditte non commettano simili atti incresciosi”. Ha anche aggiunto che nessun operatore è autorizzato a mettere i profitti davanti alla protezione dell’ambiente e dei propri lavoratori.

Ma per quando riguarda la Atp, non ci sono problemi, non riverserà più niente di tossico in mare: ha dichiarato bancarotta. 

E in Italia? Oh no, in Italia non ci sono problemi, neanche qui. Secondo le valutazioni di impatto ambientale presentate presso i nostri ministeri i riversamenti non ci sono, e se pure ci fossero sarebbero solo acqua e composti biodegradabili.

Qui immagini varie di fluidi e scarti petroliferi rilasciati a mare dai petrolieri nel golfo del Messico

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