Il Manchester City vende il 13% della società controllante del club a un consorzio cinese formato da China Media Capital Holdings e Citic Capital per 400 milioni di dollari circa. Lo stesso con cui nell’estate del 2008 lo sceicco Mansour bin Zayed Al Nahyān, erede al trono della famiglia reale di Abu Dhabi, acquistò l’intero club dall’ex primo ministro thailandese Thaksin Shinawatra. Il ritorno a Oriente del City è però assai diverso. Shinawatra comprò il club nel 2007 e fu costretto a venderlo nemmeno un anno dopo per la problematica situazione in patria: già in esilio da qualche anno, poco dopo la cessione fu infatti condannato a due anni di carcere in contumacia. Oggi si parla invece di accordi commerciali sul mercato cinese in grado di sfidare la supremazia del Manchester United, i vicini di casa che in Oriente la fanno da padrone a livello di marketing e merchandising. Ecco spiegato perché, quando il mese scorso il presidente cinese Xi Jinping nei suoi quattro giorni di visita ufficiale nel Regno Unito decise di andare allo stadio, tra la sorpresa generale scelse l’Etihad Stadium.

Anche il prezzo della cessione del 13% è lo stesso di acquisto del 2008, ma lo scenario è completamente diverso. Gli investitori cinesi hanno infatti rilevato il 13% non della squadra di calcio, ma del City Football Group, holding che oltre al Manchester City possiede anche i New York City Fc nella Mls americana e i Melbourne City nella A-League australiana. Oltre ai vari diritti di proprietà dei cartellini e di sfruttamento di immagine, del valore delle rose che per il solo City britannico è cresciuto fino a mezzo miliardo di euro, a uno stadio in costruzione nel Bronx sulle rive del fiume Hudson per il City americano, la holding possiede il centro di allenamento e la futuristica cittadella dello sport che ospita le giovanili a Manchester e diversi altri terreni proprietà immobiliari. In totale il City Football Group è valutato oltre 3 miliardi di dollari. Ecco perché il prezzo di 400 milioni per 13%.

China Media Capital Holdings è un’azienda parastatale fondata dal boss del Partito Comunista di Shangai, Li Ruigang, e si occupa di media, intrattenimento e sport. Citic Capital è invece una banca di affari e fondo d’investimento, il cui nome è noto alle cronache in Italia perché doveva essere advisor e garante di Bee Taechaubol nel famigerato acquisto del 49% delle quote del Ac Milan. Secondo i bene informati a fine novembre scadeva l’ennesimo ultimatum di Silvio Berlusconi a Mr Bee e ci sarebbe dovuto essere il passaggio di consegne, il closing come amano chiamarlo. Ma tutto tace sul fronte milanese, e questa onerosa operazione di Citic con il Manchester City, condotta direttamente e non come garante, fa prevedere che la finanziaria cinese si occuperà ancora meno delle sorti del Milan. Questa in terra inglese è stata un’operazione sottotraccia, nemmeno il mese scorso quando Xi Jinping si presentò allo stadio uscirono notizie, e sembra destinata ad andare in porto, previo via libera delle autorità di vigilanza cinese. Quella in salsa italiana, alla luce di ciò, sembra sempre di più l’ennesima farsa in cui Totò vende la Fontana di Trevi all’ignaro turista americano, solo non ci è dato sapere tra Berlusconi e Mr Bee chi sia il comico napoletano e chi il truffato. E nemmeno, data la drammatica situazione dei conti del Ac Milan, chi sia la Fontana di Trevi.

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