Il nostro presepe, il nostro crocifisso, la nostra preghiera. Era inevitabile che il nostro credo divenisse religione di Stato e che lo scontro di civiltà fosse tramutato in scontro tra religioni: il nostro Dio, il loro Allah. Sottinteso: a noi il dio buono, a loro il cattivo. La forza spirituale di una religione, l’autorevolezza del proprio comportamento, si misurano però anche con gli atti quotidiani che ne distinguono l’opera. Queste drammatiche settimane scosse dalle stragi, dal fanatismo religioso che capovolge l’Islam, che non porta pace ma proclama guerre, coincidono con un appuntamento decisivo della Chiesa cattolica: fare i conti con il Vaticano, il suo potere e le sue devianze. Ci sono le prove documentate di quanto malaffare alberghi nelle mura votate alla preghiera e alla carità, di quale spessore sia la corruzione delle più alte gerarchie, di quanto grande sia la povertà umana dei monsignori dell’arraffa. Due giornalisti hanno avuto la ventura di raccontarlo in due libri e soprattutto sottoporre all’attenzione del papa Francesco, indiscutibile testimone della purezza della fede, di come – malgrado i suoi stimoli – la sua Chiesa romana che custodisce i forzieri, stesse ancora proseguendo sulle antiche orme della disonestà.

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Il processo che ne è seguito, e in queste ore continua, è stupefacente. Invece che prendere di petto i misfatti di cardinali e vescovi, invece di sfrattare loro signori da case incredibili, invece che rinchiudere nella cella di Cristo, o inviare in qualche povera e depredata terra d’Africa i facoltosi businessmen vaticani, il tribunale in terra del vicario di Cristo concentra l’attenzione su chi ha rivelato questi misfatti e soprattutto sui legami sessuali tra un vescovo e la sua devota compagna d’avventura: monsignor Balda e la impareggiabile Chaouqui. Premesso che sia il primo che la seconda sono stati dal Vaticano insigniti della medaglia d’oro al valor contabile, e quindi sarebbe consigliabile un più severo accertamento sulle qualità morali e etiche dei devoti con funzioni da finanzieri, è mai possibile che tutte le ruberie, le vergogne, le pruderie inizino e finiscano a questi due? Chi, se non una perfetta macchina di disinformazione vaticana, distilla ai giornali (ad alcuni giornali) le intriganti scene di sesso? E perché lo fa? Per amore della verità, per andare fino in fondo allo scandalo, per purificare la Chiesa dai suoi peccati?

Giorni fa il vescovo di Palestrina si disperava e accusava noi giornalisti di non vedere il bene che fa la Chiesa, l’amore, la determinazione con cui assiste e aiuta i deboli, perora le loro cause, sostiene la loro vita. Ma la Chiesa cos’altro dovrebbe fare? Il male per caso? Un prete dovrebbe essere una persona buona e caritatevole per elezione divina. Lo spirito santo, appunto.

Quel che la Chiesa non può mai fare è rubare. Rubare ai poveri, rubare a chi crede, rubare ai tanti che in nome di Dio immolano la propria vita al servizio del bene comune. E quando la Chiesa trova chi ruba, sia l’ultimo o il primo dei suoi devoti, deve confessarlo. Non cambiare canale.

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