Che si utilizzino per costruire un palazzo, una nave, un camion o per riprodurre un’opera d’arte, quando si tratta di mattoncini Lego si gioca. Ed è proprio giocando e divertendosi che Andy Bauch, artista statunitense appassionato di tecniche di compressione di video, reinterpreta la cultura pop con i mattoncini colorati più famosi del mondo. Sulla base degli anni trascorsi a studiare le tecniche di compressione di video è riuscito a “ridurre in pixel” le opere di Roy Lichtenstein, di Piet Mondrian ma anche le insegne dei locali anni ‘60 e le icone dei giorni nostri composte da un minimo di 2mila fino a un massimo di 6mila mattoncini. I celebri capolavori della Pop Art nelle sue mani si trasformano in mosaici moderni dove alle tradizionali tesserine si sostituiscono migliaia di mattoncini Lego che sono e resteranno uno dei giochi più creativi e più amati da bambini e adulti.

Un gioco che non pone limiti alla fantasia, che permette continuamente di ricostruire, reiventare, reinterpretare, è destinato a durare nel tempo e ad avere successo a tutte le età. Motivo per il quale anche un’artista come Andy Bauch, nel 2010, ha trovato l’ispirazione nei mattoncini danesi e ha iniziato a realizzare i suoi lavori. Una tecnica che richiede uno studio approfondito dell’opera di partenza, poi si passa alla ricerca dei colori giusti dei mattoncini e “finalmente si inizia a giocare” – dice Bauch – quando arriva la fase della realizzazione che va dalle 10 alle 60 ore a seconda delle dimensioni. Un lavoro certosino che richiede pazienza e precisione perché ogni singolo pixel deve essere del colore giusto, deve essere collocato perfettamente al suo posto e inoltre, essendo parte di un insieme, deve inserirsi nel contesto più complesso dell’opera come fosse una pennellata.

Se anche un singolo mattoncino dovesse attirare l’attenzione di chi osserva più di tutti gli altri mattoncini, allora c’è qualcosa che non va. I colori disponibili sono circa 50, alcuni più facili da reperire ed economici, altri meno perché ormai fuori produzione, motivo che costringe dunque Bauch e la sua squadra a utilizzare poche decine di colori rendendo molto più difficile la fase della progettazione e una vera e propria sfida la realizzazione dell’opera per riuscire ad avvicinarsi il più possibile all’originale nelle sfumature di colore e nei dettagli. Bauch, infatti, ha dovuto rifiutare decine di potenziali progetti e di commissioni personalizzate perché purtroppo non tutti gli stili di artwork vengono fuori bene se costruiti coi Lego.

Nel magico mondo Lego, il tipo di mosaici che Bauch costruisce è conosciuto come “studs out” (borchie fuori) in quanto le borchie delle mattonelle sono di fronte all’osservatore. L’altro tipo di mosaico Lego, invece, è detto “studs up” (borchie sopra) in cui i lati smussati dei mattoncini sono di fronte all’osservatore. “Tendiamo a evitare questo genere di lavori dato che i pixel creati coi lati dei mattoncini non sono quadrati e, secondo noi, non proprio gradevoli alla vista”, spiega l’artista. Alla fine di ogni realizzazione le dita sono consumate e doloranti per fare leva tra i vari pezzi attaccati, ma la gioia di aver “giocato” per tante ore di fila e la soddisfazione nel vedere il lavoro riuscito sono impagabili. Ora Bauch, dopo aver sperimentato l’uso dei Lego con le opere pop, proverà misurarsi con copertine di libri e fumetti per continuare a giocare e divertirsi in modo sempre nuovo.

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