Le attività lavorative sono riprese abbastanza normalmente a Tunisi, dopo il coprifuoco introdotto dalle 21 alle 5. Le scuole non sono state chiuse e soprattutto non è stato sospeso il Festival Cinematografico Internazionale detto di Cartagine, importante vetrina culturale internazionale. Le proiezioni sono state però per ora concentrate nel pomeriggio. Prende piede l’ipotesi che la tredicesima vittima dell’attentato sia un civile, non una guardia presidenziale in divisa, e che sia un kamikaze che si è fatto saltare per aria.

Fino a tutto il 2014 compreso, nonostante una ormai endemica localizzata guerriglia nella zona del Monte Chambi condivisa con l’Algeria e nonostante la presenza di gruppi inneggianti alla Jihad e viaggianti in Libia o Siria, la Tunisia era considerata abbastanza immune dal terrorismo nel Global Index. Gli episodi veramente gravi sono avvenuti tutti quest’anno, in una singolare, forse solo casuale, sintonia con la Francia.

L’attentato del Bardo è del 18 marzo. I due assalitori vengono uccisi, le vittime sono 22, di cui 21 turisti stranieri. Alla manifestazione internazionale a Tunisi partecipano decine di migliaia di persone, e capi di governo, tra cui Renzi e Hollande. Il 26 giugno un attentatore solitario, di fatto una sorta di kamikaze, fa 38 morti sulla spiaggia dell’ Hotel Riu Imperial presso Sousse, per la maggior parte britannici. Dopo qualche giorno la Gran Bretagna, nonostante il governo abbia messo poliziotti su tutte le spiagge, ritira a forza anche i suoi turisti che volevano rimanere. La stagione turistica va a vuoto, i controlli si susseguono intensi in tutto il paese, con nuovi poteri alla polizia. La dialettica politica del paese continua e non si misura solo sul tema della lotta al pericolo jihadista. Il partito di maggioranza relativa, il laico e trasversale Nida Tounes, si spezza in uno scontro di potere, ma le due fazioni rimangono nella maggioranza del governo di larghe intese, sostenuto anche dagli islamisti “moderati” di Ennada. Il premio Nobel per la Pace assegnato alle quattro grandi organizzazioni della società civile tunisina per aver garantito l’evoluzione pacifica e democratica dei conflitti politici, rianima lo spirito nazionale. Numerosi anche nel 2015 i conflitti sociali e sindacali, dalle scuole alle imprese private. La guardia contro il terrorismo non si abbassa mai e il 13 novembre, proprio in contemporanea con la strage di Parigi un episodio quasi surreale scuote l’opinione pubblica. Riguarda il conflitto territorializzato nei monti centro-orientali. Un pastorello di 16 anni viene decapitato, suo cuginetto 14 enne costretto a portare la testa alla famiglia. La polizia, chiamata, salirà solo il giorno dopo.

Per molti media è la conferma dello stato di povertà e abbandono di quella zona rurale. E quasi una settimana dopo un gruppo armato rivendica la decapitazione con un video, sostenendo che il ragazzo aveva fatto la spia sui movimenti dei guerriglieri. Quei crudeli tagliagole, di origine Qaidista, sembrano lontani dalle reti che cercano di muoversi nelle città. Dopo il 13 novembre montano di nuovo alcuni stati d’allerta, con segnalazioni di imminenti possibili attentati urbani. Il 19 novembre la polizia blocca il traffico a Tunisi, e si dice che stia cercando un uomo che gira con una cintura esplosiva. Viene arrestato ( senza cintura) due giorni dopo nei dintorni. Altri arresti avvengono in quei giorni, il governo afferma di aver sventato attentati. L’esplosione del minibus della guardia presidenziale avvenuta nell’ora dell’esodo dagli uffici, getta il centro di Tunisi in un gigantesco ingorgo. Beffata e confusa la polizia nelle prime ore se la prende coi giornalisti, alcuni dei quali lamentano di essere stati malmenati. La Ugtt ( il sindacato) ha sospeso gli scioperi previsti nel settore privato.

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