Polizze assicurative false, poste a garanzia di impianti industriali e appalti pubblici. Assicurazioni e fidejussioni – che dovrebbero garantire la collettività contro eventuali danni causati da un’attività produttiva o dal fallimento di un’impresa – in realtà fasulle e prive di reale copertura finanziaria. Un fenomeno esteso in tutta Italia che investe quasi tutti i settori dell’economia, dal trattamento e smaltimento dei rifiuti, agli stabilimenti industriali, alle grandi opere.

È quanto emerge da un’inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Brescia, coordinata dal procuratore aggiunto Sandro Raimondi, su cui la Procura bresciana ha mantenuto finora il più stretto riserbo e di cui non sono ancora noti gli indagati. Un’indagine partita dal settore dei servizi ambientali, inseguendo movimenti di rifiuti e di capitali intorno a un presunto traffico illecito organizzato di rifiuti in Lombardia, che coinvolgerebbe grandi aziende del settore quotate in borsa. Ma che ha presto intercettato diversi altri ambiti dell’economia e della finanza che sono in contatto con il mondo dello smaltimento dei rifiuti. A coordinare l’inchiesta è stato applicato anche il magistrato Roberto Pennisi, sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia, che avrebbe collaborato con gli inquirenti per creare una squadra di investigatori specializzati formata dalla Dna di via Giulia.

L’allarme sulle false assicurazioni – che a quanto si apprende avrebbero sede nei nuovi Paesi dell’Ue come la Bulgaria e la Romania – si sta estendendo a tutto il territorio nazionale. La Dna ha inviato infatti una nota a tutte le Procure d’Italia, come confermato dal Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: “Da un’indagine in materia di rifiuti condotta dalla Procura di Brescia – ha spiegato il procuratore lo scorso 17 novembre, durante un convegno della Commissione rifiuti alla Camera dei deputati – è emerso un fenomeno di false polizze offerte in garanzia fidejussoria negli appalti per quanto riguarda lo smaltimento di rifiuti. Sono polizze disseminate praticamente in tutta Italia, per cui siamo stati costretti ad avvisare quasi tutte le Procure d’Italia di stare attenti perché le polizze che circolano possono essere, e spesso sono, materialmente false”.

Fonti della Direzione nazionale antimafia riferiscono che il giro di false polizze, “gestito da una famiglia camorristica campana”, sarebbe esteso a tutti gli appalti pubblici e non solo al campo del trattamento e dello smaltimento dei rifiuti. Il codice degli appalti prevede infatti che, a garanzia di un’offerta e dell’esecuzione di un’opera, venga stipulata una polizza assicurativa che tenga indenni le stazioni appaltanti da tutti i rischi di esecuzione e dai danni che possono essere causati nel corso dello svolgimento dei lavori. L’importanza della garanzia fidejussoria è ancora più evidente nel settore dello smaltimento rifiuti, dove per ottenere l’autorizzazione a trattare scorie o a gestire una discarica è necessario mettere a disposizione degli enti pubblici una somma di denaro, a parziale copertura di una futura bonifica o, quantomeno, di una messa in sicurezza in emergenza del sito. Ma se l’assicurazione presentata è fasulla, tutto il danno alla fine resterà a carico della collettività. L’organizzazione criminale “con epicentro in Campania” che si occupa delle false polizze offrirebbe dunque, secondo gli inquirenti, un servizio utile a molte imprese. Soprattutto nel settore dei rifiuti, nel quale – si apprende da fonti della Dna – “le compagnie assicurative serie in Italia tendono a non assicurare praticamente nulla”.

Le assicurazioni false, secondo quanto emerge dall’inchiesta della Dda di Brescia, sarebbero di due tipologie: polizze “fasulle”, cioè società assicurative vere e proprie con sede in Romania e Bulgaria, dietro cui però non esiste una reale copertura finanziaria; e polizze “false”, i cui documenti ingannevoli e creati ad arte proverrebbero da “antichi e prestigiosi Paesi dell’Unione Europea”. Soltanto in rari casi le polizze sospette sarebbero state rigettate dagli enti pubblici grazie al diligente lavoro di controllo e accertamento dei funzionari, ma questa circostanza – fanno sapere gli inquirenti – si sarebbe verificata solo in alcune province del sud e quasi mai a opera nelle amministrazioni del nord Italia.

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