“Che sia chiaro, non basta traslocare in Australia per risolvere i problemi che uno ha in Italia. Qui se non sai bene l’inglese sei spacciato. Bisogna competere con americani, canadesi, e tutte le altre nazionalità che sanno meglio di noi la lingua straniera. Avere una laurea automaticamente non ti apre le porte a un posto di lavoro. È tutto più complicato”. Giordano Dalla Bernardina, veronese di 36 anni, nel 2011 si è trasferito a Sydney e dopo due anni si è spostato a Perth, dove vive tuttora. Per aiutare gli italiani a emigrare nella terra dei canguri senza commettere errori grossolani nel gennaio 2015 ha creato un sito web, dove è possibile contattarlo in videochat per ricevere spiegazioni e chiarimenti.

Attraverso una videochat risponde a dubbi e domande pre-partenza, di come funziona là la vita, di quali documenti servono per non farsi espellere, e offre consulenze su visti e curriculum. Il portale registra dalle 500 alle mille visite al mese e le chiamate effettuate sono già oltre trenta. Cadere nella trappola delle agenzie di intermediari è molto frequente, ci racconta.

“Su internet se ne trovano tantissime. Ti promettono di sbrigare le pratiche burocratiche ma a prezzi gonfiati. Prendono percentuali se vi iscrivete a corsi di studio per esempio. Oppure vi dicono che per l’assicurazione sanitaria servono 20mila euro quando invece costa meno di mille. Tra l’altro non chiedono quali abilità avete, che magari potrebbero consentirvi di fare già richiesta per un visto permanente. C’è gente che ha venduto proprietà di famiglia per venire fin qui ma poi è stata tradita dalle agenzie”. Lui prima di partire aveva fatto un visto di ingresso di un anno, il cosiddetto “working holiday visa”. “Avevo 31 anni, età massima per ottenerlo”.

Si era laureato in psicologia a Padova e da due anni lavorava già con un contratto a tempo indeterminato. “Era il contesto che non mi andava a genio, il degrado politico dell’Italia, la crisi economica, se un giorno la mia azienda avesse chiuso io mi sarei ritrovato per terra. Non sono scappato però. Ho voluto provare a vivere all’estero per fare un confronto. Non avevo fatto l’Erasmus, solo qualche breve vacanza in Europa. Alla fine ne è valsa la pena”.

In generale esistono tre tipologie di visti per studiare o lavorare in Australia. Il primo è il “working holiday”: “Dura un anno e ti permette di lavorare per sei mesi con lo stesso datore di lavoro e poi devi cambiarlo”, ci spiega. Lo “student visa” invece “scade alla fine del corso scolastico o professionale che uno decide di frequentare e viene concesso a tutti gli under 50”. Infine, c’è il “permanent resident visa”. “È un visto a punteggio, il minimo è 60, il massimo è 100. Vengono valutati titoli di studio, conseguiti in Italia e in Australia, livello di inglese, esperienze lavorative con buste paga, cud, contratti, eccetera. E poi la tua professione deve rientrare tra quelle nell’elenco pubblicato sul sito del governo australiano alla voce ‘skilled occupation list’. Se arrivi a 60 punti puoi inoltrare la domanda per il visto – continua -. Poi il dipartimento dell’Immigrazione valuta l’idoneità della richiesta”.

Lui ha superato il test e oggi è in attesa di ricevere il visto permanente. Chi vuole rinnovare il permesso di soggiorno senza ricorrere al visto studente – “perché le scuole sono molto care e ti concede di avere solo un impiego part time, per cui diventa difficile mantenersi” – può fare domanda per un secondo  “working holiday”. In questo caso, prosegue Giordano, “bisogna lavorare 88 giorni nelle fattorie australiane”.

Non appena è atterrato a Sydney Giordano ha aperto il suo blog, ancora attivissimo. “Ricevo dalle dieci alle venti richieste di aiuto alla settimana, in tanti mi mandano pure il cv. Mi chiedono se c’è lavoro. O di trovargliene uno, e la risposta è ovviamente negativa. Ci sono casi disperati di coppie con figli piccoli che vogliono un parere se vendere o meno la casa in Italia, mollare tutto, e venire qui”. Nella città più popolosa dell’Australia lui ha fatto il cameriere in un ristorante e poi il barista in una caffetteria. A Perth invece è stato assunto part time in una società di autonoleggio. “Qui ho seguito anche un corso biennale di marketing”. Poi all’inizio del 2015 il suo migration agent gli ha chiesto di collaborare insieme e da lì è nata l’idea della videochat. Il nuovo progetto in cantiere è una start up per insegnare alle persone come usare i social media per fare business.

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