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Benvenuti a Gotham City, solo che qui non si tratta di un mondo fatto di penna e inchiostro. Per riprendere le parole di uno dei mitici eroi della DC Comics, è come se qualcuno avesse costruito un incubo di metallo e pietra. Così appare la capitale belga in queste ore dopo che le autorità hanno riconfermato il livello massimo di allerta, definendo la minaccia di attacchi multipli e contemporanei sul modello di quelli di Parigi seria ed imminente. A Gotham meno si sanno le cose più è sicura l’operazione. Ieri notte non è mancata nemmeno la raccomandazione di mantenere il riserbo sui social network a proposito di dove si stessero svolgendo le operazioni coordinate delle forze che hanno portato all’arresto di sedici persone tutte collegate all’inchiesta sui fatti di Parigi.

Dopo la notte di “paura e terrore” del 13 Novembre, come l’avrebbe definita un richiedente asilo algerino arrestato in Germania annunciando la strage ad altri rifugiati secondo la procura di Arnsberg, un’altra notte oscura ha portato al blitz nel quartiere parigino di Saint-Denis dove sono stati uccisi sei terroristi. Nonostante ciò l’Europa continua tremare. Fonti esclusive del giornale belga Dernière Heure hanno confermato per prime la morte di Abdlehamid Abaaoud, indicato come l’ideatore delle stragi durante il blitz, mentre rimane ancora a piede libero l’ottavo attentatore della Ville Lumière, Abdeslam Salah, unico tra i vili ad essere fuggito alla morte e alle forze di polizia dalla Francia fino al Belgio dove è nato e risiede.

Pare che sia stato avvistato a bordo di una BMW (notizia smentita dal procuratore di Bruxelles , ndr) nei pressi di Liegi in fuga verso la Germania. La sicurezza non è un’opzione a Gotham. Episodi di isteria collettiva continuano a interrompere le ore. A dieci giorni dalle stragi camionette di polizia federale percorrono a sirene spiegate incroci e strade. Tutti gli eventi pubblici sono stati annullati, le scuole, asili, università e pubblici uffici chiusi, vigono restrizioni alla circolazione, shut-down di Metro e mezzi pubblici, chiusi ristoranti e caffè.

La Grand Place è militarizzata. Lunedì scorso è scattato un falso allarme autobomba ad Etterbeek in zona Parlamento. E’ caccia all’uomo nel quartiere di Molenbeek divenuta improvvisamente agli occhi di tutti “la Raqqa d’Europa.” Okay. È Gotham. I pazzi qui hanno l’affitto agevolato. Proprio camminando nei vicoli della “Raqqa d’Europa” ci si rende conto che non si può più tergiversare, che non è più il tempo della retorica dell’accoglienza fondata sul concetto di libertà negativa, perché la libertà di chicchesia finisce dove comincia quella degli altri. Intanto nei giorni scorsi ai piani alti, i vertici dell’Unione europea hanno attivato l’articolo 42.7 del Trattato di Lisbona. Un inedito.

L’articolo prevede che qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri siano tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso, in conformità dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite. Venerdì il vertice straordinario dei ministri degli Interni europei ha chiesto alla Commissione di presentare una “revisione mirata” dell’articolo 7.2 del Trattato Schengen. Discussione rinviata al prossimo consiglio degli Interni fissato per il 4 dicembre.

Nel frattempo i ministri europei hanno deciso di accelerare l’attuazione di tutte le misure anti-terrorismo. La risposta dell’Europa è arrivata a chiare lettere durante la commemorazione delle vittime di Parigi in Parlamento, per bocca del presidente Martin Schulz alla presenza di Juncker, Mogherini, Tusk e l’intero emiciclo riunito: “Noi siamo uniti”, ha detto il socialista tedesco. Intanto oggi riprendono le attività programmate ma si svolgeranno solo le riunioni più importanti come Eurogruppo e consiglio istruzione, annullato il resto.

La minaccia più preoccupante è il sospetto della potenziale preparazione di attacchi chimici sia in Francia che in Belgio. Qualche giorno fa in un ospedale parigino sono sparite ben 10 tute anti-ebola insieme alle relative propaggini. La Conferenza internazionale sul clima è alle porte. Se Gotham non è mai stata la città ideale dove vivere ora è l’inferno in terra. Ci troviamo nel bel mezzo di una polveriera pronta ad esplodere. Sto solo dicendo che quando si tratta di Gotham, nessuno può dire di conoscerla per davvero. È lei che conosce te. Se è vero che, come ha detto Obama, non accetteremo il terrorismo come nuova normalità è anche vero che vivendo a Gotham ho imparato una cosa: solo i buoni restano morti.

Per riprendere un concetto di Samuel P. Huntington, tornato estremamente attuale, una delle “linee di faglia” tra le diverse civiltà del pianeta sembra essersi stabilita qui, in quella che per tanti versi può essere definita la capitale d’Europa. Se i governanti del mondo fossero stati disponibili ad accettare la natura “a più civiltà” del quadro politico mondiale e a cooperare alla sua preservazione, comprendendo come ciò fosse “l’unico modo per scongiurare una guerra globale tra opposte civiltà” forse non saremmo arrivati a questo punto. Più tarderanno a farlo più Gotham sorgeranno ovunque nel mondo. Agli abitanti di Gotham posso solo ricordare che Gotham risorgerà. Lo fa sempre.

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