Una proposta di modifica al regolamento di Montecitorio per fare in modo che le leggi di iniziativa popolare non finiscano nel dimenticato, come invece avviene sistematicamente oggi. Basti pensare che sulle 260 proposte presentate dal 1979 solo tre sono diventate legge. L’obiettivo è quello di garantirne la calendarizzazione e la discussione in Aula in tempi certi. Cioè entro tre mesi al massimo dalla loro presentazione. Ponendo così fine ad “una vera e propria violazione dell’articolo 71 della Costituzione”. La proposta arriva da Gianni Melilla (nella foto), deputato di Sinistra Ecologia Libertà (Sel) e segretario dell’Ufficio di presidenza della Camera. Il quale ha presentato il progetto in questione alla presidente dell’Assemblea, Laura Boldrini. “C’è già un’intesa di massima fra i membri dell’organo di vertice di Montecitorio: possiamo approvare questa proposta già a gennaio”, dice il parlamentare di Sel a ilfattoquotidiano.it. “Secondo molti giuristi – aggiunge – il Parlamento sta perpetrando un abuso di diritto che sta diventando intollerabile e al quale bisogna mettere un freno”.

PASSAGGIO OBBLIGATO Ecco perché ora Melilla ha deciso di intervenire in prima persona. Ma cosa prevede, in concreto, la sua proposta? Attraverso l’introduzione dell’articolo 100-bis nel regolamento di Montecitorio, l’esame delle leggi di iniziativa popolare presentate alla Camera dovrà essere avviato, nella commissione competente, entro e non oltre un mese dalla presentazione della proposta. Nei successivi sessanta giorni, poi, la commissione stessa (che secondo Melilla avrà facoltà di convocare e audire i promotori dei progetti di legge) dovrà concludere la discussione del testo e licenziarlo per poi spedirlo in Aula. E se i tempi non dovessero essere rispettati? “Si può disporre una proroga non superiore ad altri due mesi”, spiega il deputato di Sel, “dopodiché il presidente della Camera dovrà necessariamente calendarizzare il progetto di legge direttamente in Aula saltando il passaggio in commissione”.

FORZA D’INERZIA Un’iniziativa, quella di Melilla, resa necessaria dall’inerzia che ha sempre accompagnato la via crucis delle leggi di iniziativa popolare. “Negli ultimi trentacinque anni – ricorda a tal proposito – delle 260 proposte presentate meno del cinquanta per cento sono arrivate ad essere discusse nelle commissioni competenti. Mentre sono solo tre quelle che alla fine sono diventate legge”. Non solo. A minare ulteriormente il già impervio cammino delle proposte popolari ci si è messa pure la riforma costituzionale che porta il nome della ministra Maria Elena Boschi. La quale, pur garantendo la discussione nei tempi previsti proprio dai regolamenti parlamentari, ha triplicato il numero delle firme necessarie alla presentazione di un testo redatto dai cittadini, passate in un colpo solo da 50 mila a 150 mila. “Viene da chiedersi se tutto ciò sia normale – conclude il deputato di Sel –, se sia giusto e legittimo che cittadini chiamati a rappresentare il popolo seppelliscano poi la sua volontà in fondo al pozzo dell’attività parlamentare”.

Twitter: @GiorgioVelardi

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