Approda giovedì 19 novembre sui tavoli della commissione parlamentare Antimafia, dopo aver suscitato più di un imbarazzo nei palazzi della politica catanese. È il fascicolo d’indagine che contiene l’intercettazione telefonica tra il sindaco di Catania Enzo Bianco e Mario Ciancio Sanfilippo, il potentissimo editore sotto inchiesta per concorso esterno a Cosa nostra. Un’intercettazione depositata nei giorni scorsi dalla procura di Catania davanti al gup Gaetana Bernabò Distefano, che dovrà esprimersi sul rinvio a giudizio del patron del quotidiano La Sicilia.

Bianco-Ciancio al telefono: “Tutto come previsto”. È il 18 aprile del 2013, Ciancio è già indagato per concorso esterno, mentre Bianco è pronto ad inaugurare la campagna elettorale che lo porterà per la quarta volta sulla poltrona più alta della città di Catania. Da un’utenza intestata proprio al comune etneo – come ha raccontato il quotidiano online Meridionews – l’esponente del Pd telefona proprio a Ciancio. “Ti volevo salutare – dice – mi pare che ieri…”. Ciancio risponde pronto: “Poi ci vediamo, è andato tutto secondo le previsioni”. “Esattamente – replica Bianco – come ti avevo detto, come vedi sono…”. “Ma lo avevo detto ieri sera questo, non so se ti è arrivato il mio giudizio, che inizialmente ero preoccupato perché D’Agata non aveva detto con chiarezza che si asteneva”, spiega l’editore. “No, assolutamente”, dice l’ex ministro dell’Interno, che poi si avvia a concludere la telefonata, ricordando al suo interlocutore che sabato aprirà la sua campagna elettorale.

Ciancio, da padre padrone dell’editoria catanese, ovviamente ne è al corrente e infatti tranquillizza il futuro sindaco: “Ho già autorizzato la, la Giuffrida (Michela Giuffrida, ex direttrice dell’emittente Antenna Sicilia, poi eletta europarlamentare del Pd ndr) a fare l’articolo”. Una telefonata che per i più disattenti può sembrare solo uno rapido scambio di battute tra un importante uomo politico catanese e uno dei principali imprenditori del Meridione. Per gli inquirenti, però, i riferimenti della conversazione sono importanti.

Il Pua: un affare da 300 milioni. Ventiquattro ore prima che Bianco componga il numero di Ciancio sul telefono cellulare, infatti, il consiglio comunale di Catania approva a larga maggioranza il Pua, il piano urbanistico attuativo – variante Catania Sud. Ideato nel 1999, quando il sindaco era sempre Bianco, approvato nel 2002 quando alla guida della città degli elefanti c’era il berlusconiano Umberto Scapagnini (mentre il vicesindaco era Raffaele Lombardo, l’ex governatore poi condannato in primo grado per concorso esterno a Cosa nostra), il Pua prevede la costruzione di alberghi, campi da golf, un centro congressi e un mega aquario sulla costa meridionale etnea. Un affare da 300 milioni di euro, che per il 30 percento dovrebbe sorgere su terreni appartenuti allo stesso Ciancio. L’editore li ha ceduti alla Stella Polare srl, la società che ha presentato l’unico progetto per il Pua, fondata nel 2005 dall’imprenditore veronese Renzo Bissoli e dai siciliani Francesco Strano e Salvatore Modica: il primo ha avuto in passato rapporti con Mariano Incarbone, imprenditore condannato in appello a 5 anni per mafia. Per gli inquirenti, però, nonostante la cessione dei terreni, Ciancio ha continuato a seguire gli sviluppi burocratici dell’affare, e la telefonata con Bianco è l’ennesimo indizio in questo senso. Il giorno precedente a quella telefonata intercettata, infatti, 23 consiglieri comunali catanesi votano a favore del Pua, mentre tre si astengono: sono Rosario D’Agata e Francesca Raciti del Pd, più Francesco Navarria del Megafono. D’Agata, citato dallo stesso Ciancio nell’intercettazione, è un fedelissimo di Bianco, che poi lo nominerà assessore nella sua giunta.

La replica a metà di Bianco. E’ a questo che si riferiscono Bianco e Ciancio al telefono? Al voto del consiglio comunale sul maxi affare edilizio? “La mia posizione sul Pua è chiara e la esprimo da diciotto anni, sempre nella stessa maniera, in tutti i discorsi, sia pubblici e sia privati. Il consiglio comunale nel dicembre del 2014 approvò alcuni emendamenti che modificavano l’atto presentato dalla giunta e che quindi non condividevo”, è uno dei passaggi della replica di Bianco. “Il Pua è stato progettato sotto la mia precedente amministrazione nel 1999: sotto le successive amministrazioni ha subito sostanziali modifiche che miravano a un aumento speculativo di cubatura e metteva a rischio lo sviluppo naturalistico. A queste variazioni mi sono puntualmente opposto. Per questi motivi, nell’aprile del 2013, quando non ero ancora tornato alla responsabilità di sindaco, i consiglieri comunali a me vicini furono gli unici a non votare per il Pua a causa di queste modifiche peggiorative”, spiega sempre il primo cittadino.

Nonostante la lunga replica, però, Bianco non entra mai nel merito di quella telefonata con Ciancio. È rimane dunque inevasa una domanda fondamentale: perché Bianco, da sindaco in pectore di Catania, sente il bisogno di chiamare un imprenditore indagato per mafia, e cioè Ciancio, per rassicurarlo sul voto positivo del Pua in consiglio, se quel voto non era da lui condiviso? Interrogativo che adesso arriva a Palazzo San Macuto, dove il vicepresidente della commissione Antimafia Claudio Fava chiederà di acquisire tutta la documentazione, in attesa che un giudice terzo decida sul rinvio a giudizio dell’editore catanese.

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