Nuova pista sul giallo della scomparsa di Ylenia Carrisi, la figlia di Al Bano e Romina Power, svanita nel nulla il 31 dicembre 1993 durante un periodo di permanenza a New Orleans, negli Stati Uniti. Un identikit e il dna di una giovane donna uccisa da un serial killer a cui aveva chiesto un passaggio potrebbero presto rivelare che fine abbia fatto la ragazza (all’epoca 24enne) e, soprattutto, se si tratti della stessa persona. Con lo scopo di verificare questa ipotesi nei giorni scorsi a Cellino San Marco (Brindisi), paese dove vive Al Bano, sono stati prelevati campioni del Dna al capo famiglia e ai figli Yari, Cristel e Romina Junior. “I carabinieri ce lo hanno chiesto e una settimana fa mi è stato prelevato il Dna” ha detto Al Bano, che però ha aggiunto di non credere alla fondatezza della nuova inchiesta. I campioni saranno confrontati con quelli prelevati dai resti della donna trovata senza vita ad Holt, in Florida, il 15 settembre del 1994. Erano passati nove mesi dalla scomparsa di Ylenia. Dopo oltre 20 anni forse si potrà conoscere la verità. “Mi piacerebbe fosse così” ha commentato il padre. Ylenia potrebbe non essersi gettata nel Mississippi. “Confermo tutto quanto riguarda il prelievo – ha detto a ilfattoquotidiano.it – ma per me oggi è davvero troppo. Aspettiamo”.

polizia americana identikit 675

LA CONFESSIONE E L’IDENTIKIT – Il camionista Keith Hunter Jesperson è anche conosciuto come il ‘Killer Happy Face’ per gli smile che disegnava quando mandava lettere ai media. Ha ucciso almeno otto donne tra il 1990 e il 1995 in sei Stati diversi: Nebraska, California, Florida, Washington, Oregon e Wyoming. Nel 1996 confessò di aver tolto la vita a una ragazza conosciuta in una stazione di servizio di Tampa, in Florida. Il corpo era stato trovato due anni prima e lo sceriffo di Palm Beach non ha mai smesso di indagare, per arrivare all’identità di quella donna. Il suo volto è stato ricostruito e l’identikit è stato riconosciuto dal serial killer. La ragazza si faceva chiamare Suzy o Suzanne. Il particolare non è sfuggito allo sceriffo che, nel corso del suo lavoro d’indagine, ha scoperto che anche Ylenia Carrisi, negli ultimi mesi prima della scomparsa (quando era a New Orleans) si faceva chiamare Suzanne. Il confronto tra l’identikit della vittima di Jesperson e le foto di Ylenia, la cui somiglianza è innegabile, hanno dato nuovo impulso alle indagini.

IL PRELIEVO DEI CAMPIONI – Una settimana fa i carabinieri del comando provinciale di Brindisi, su mandato dell’interpol, hanno prelevato campione di dna ad Al Bano e ai figli Yari, Cristel e Romina Junior. Stessa procedura anche per la mamma di Ylenia, Romina Power, che in quei giorni si trovava a New York. Come confermato dal comando provinciale dei carabinieri di Brindisi, il tutto è stato inviato al Ris di Roma per le analisi. I risultati sono già stati trasmessi – attraverso l’interpol – agli investigatori americani, cui spetta il compito del confronto dei dati. Nulla sui prelievi è trapelato nei giorni scorsi. Proprio domenica Al Bano aveva parlato della figlia Ylenia, intervistato da Massimo Giletti all’Arena. “È sempre ieri quando si parla di Ylenia. Sono quelle ferite che niente e nessuno potrà ricucire” aveva detto. Poi la commozione. Inevitabile. E la richiesta al conduttore: “Ti prego, fermiamoci, parliamo altri cinque minuti poi basta perché non ce la faccio”.

LA NUOVA VERITÀ – Il 1 dicembre 2014, il Tribunale di Brindisi dichiarò la ‘morte presunta’ di Ylenia Maria Sole Carrisi. Aveva deciso di girare il mondo con uno zaino in spalla e il suo diario. Per molto tempo, dopo i sospetti sul trombettista Alexander Masakela, l’ipotesi più accreditata è che Ylenia si fosse gettata nelle acque del Mississipi. Lo scrive anche il padre Al Bano nel libro È la mia vita, nel quale racconta anche dell’ultima telefonata della ragazza a casa, a Cellino, intorno alle 14.30 del 1 gennaio 1994, per gli auguri di buon anno. Se i sospetti dei detective di Palm Beach fossero confermati, significherebbe mettere la parola fine a questa vicenda, ma vorrebbe anche dire che Ylenia non si è gettata nelle acque del fiume. Che voleva vivere. Che voleva raggiungere la California o il Nevada. Con lo zaino in spalla e i suoi vent’anni.

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