Rom -Associazione 21 luglio

Sovrapporre tout court il popolo rom con le comunità che, in situazione di estrema povertà ed marginalità, vivono all’interno dei “campi nomadi” progettati e costruiti dagli amministratori locali, è errato sia dal punto di vista storico che numerico. I “campi nomadi” istituzionali, realizzati come espressione architettonica del rifiuto, sono stati inventati negli anni Novanta e in Italia solo 1 rom su 9 vive al loro interno. La stragrande maggioranza dei rom in Europa e in Italia vive in abitazioni convenzionali, lavora, studia, paga le tasse conducendo una vita che secondo i canoni occidentali definiremo “normale”. Eppure, girando per l’Italia, sembrerebbe difficile imbattersi in rom imprenditori e commercianti, sindacalisti e docenti universitari, assistenti sociali e vigili urbani perché, al fine di salvaguardarsi dalla discriminazione, gli stessi nascondono la loro origine per una esplicita scelta di mimetizzazione: sono rom ma non dicono di esserlo.

Impregnati dei luoghi comuni amplificati dai media, per un meccanismo riflesso ci ritroviamo così condannati ad associare la parola rom alla donna questuante, al ladruncolo incontrato in metro, al rovistatore nei cassonetti. Rappresentazioni diverse tendiamo a rimuoverle. Negli stessi minuti in cui nelle strade di Parigi si spargeva sangue innocente, a Roma, presso il Palazzo delle Esposizioni all’interno dell’iniziativa 19 Million Project, si svolgevano le premiazioni del Premio Annuale Cild per le libertà civili. Vincitori della sezione Voce Collettiva sono risultati i giovani rom e non rom del gruppo “Primavera Romanì” che nello scorso settembre, al termine di due giornate di studio e confronto promosse dall’Associazione 21 luglio, hanno presentato in Senato il “Manifesto Primavera Romanì, un documento politico sull’Italia che si sogna e che si intende costruire. Il premio è stato ritirato da tre giovani, due delle quali studentesse universitarie, che, nel corso della cerimonia, hanno letto il Manifesto:

“Siamo giovani rom, sinti e non rom, italiani e stranieri. Molti di noi vengono da una storia di disagio, soprusi ed esclusione, ma non ci siamo fermati e non ci fermeremo. Nella storia dei nostri nonni, dei nostri padri e delle nostre madri ci sono state persecuzioni, deportazioni, crimini contro l’umanità. Anche oggi molti di noi vivono la fuga dalle guerre, la ghettizzazione e il dolore del rifiuto, e ci sembra che quella storia non finisca mai. Questo non ci impedisce di essere qui e di scrivere insieme una nuova pagina per la nostra Italia, perché vogliamo andare oltre ed essere attori di un cambiamento di cui tutti possano giovare. Non accettiamo più che i nostri figli vivano in un paese di ghetti, separazioni, disuguaglianze, povertà, odio e razzismo, né oggi, né domani. La memoria di ciò che è stato, e la consapevolezza di ciò che è, sono per noi la spinta verso la costruzione di una storia diversa. Sogniamo per l’Italia un risveglio di umanità. Vogliamo essere un esempio di società unita e libera, come l’Italia dovrebbe essere. Un paese orgoglioso dei suoi valori, aperto verso i deboli, che consenta a ciascuno di essere apprezzato, amato e riconosciuto per le proprie passioni e qualità. Un’Italia che abbracci le differenze e si consideri fortunata per la ricchezza di tutte le culture che la compongono. Un’Italia serena”.

Il Manifesto della “Primavera Romanì”, letto mentre nella capitale francese rimbombavano ancora gli spari di una notte da incubo, sono la risposta più bella e imprevedibile ascoltata in questi giorni di post tragedia. Il Manifesto rappresenta voce del coraggio e della speranza di quanti, ragazzi, studenti universitari e lavoratori, vogliono finalmente uscire allo scoperto alzando il velo che sinora ha ricoperto esistenze nascoste, silenti, mimetizzate. Le parole dei 30 giovani ci vengono a dire che i rom non sono comunità da allontanare con decreti sicuritari e neanche da tutelare con leggi etniche: sono anzitutto soggetti politici da ascoltare perché hanno qualcosa di significativo da consegnarci.

La primavera rom è la primavera dell’Italia di domani, la nuova stagione dell’Europa che tutti vogliamo. Perché nella nostra Europa, a Parigi come a Roma, o ci si salva insieme o non si salva nessuno.

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