Aggredire il sindaco perché non trova un posto di lavoro, piazzare una bomba in segno di protesta contro l’apertura di una discarica, minacciare di morte una consigliera perché vuole realizzare una moschea. Il nuovo rapporto di Avviso Pubblico “Amministratori sotto tiro” non parla solo di criminalità organizzata. Tutt’altro. Se è vero che ogni giorno una persona che ricopre un incarico pubblico subisce un’intimidazione (361 i casi nel 2014), è altrettanto vero che per la maggior parte delle minacce arrivano da un mondo diverso da quello mafioso. Anche se spesso il metodo è lo stesso.

E c’è chi getta la spugna, come è accaduto alla consigliera comunale di origine marocchina di Rovereto (Trento), Aicha Mesrar, che ha rassegnato le dimissioni dal Consiglio e dopo 23 anni ha deciso di andare all’estero. Era dal 2012 che riceveva minacce di morte dirette a lei e alla sua famiglia. Mediatrice culturale, attiva nel volontariato e presidente della cooperativa “Città aperta” ha ricevuto molte lettere minatorie, tanto da essere obbligata a vivere sotto scorta. La ragione delle intimidazioni? L’idea della consigliera – e del sindaco Andrea Miorandi – di realizzare un luogo di sepoltura islamico e una moschea.

INTIMIDAZIONI, NON SOLO LA MAFIA. “Analizzando i fatti riportati nel rapporto – spiega Pierpaolo Romani, coordinatore nazionale di Avviso Pubblico – si può osservare che quando le autorità competenti sono riuscite a rintracciare dei responsabili, si è trattato per lo più di persone che vivevano condizioni di vita particolari”. Insomma, le intimidazioni mafiose sono le più violente, ma non le più numerose. Chi è allora che incendia le auto, aggredisce i sindaci, danneggia le auto degli assessori o degli agenti di polizia municipale? “Si tratta – dichiara Romani – di disoccupati o persone che hanno perso il lavoro e non riescono a ricollocarsi. Tra gli autori di minacce ci sono tossicodipendenti, persone sottoposte a trattamento sanitario obbligatorio o che chiedono sussidi pubblici o alloggi popolari, pregiudicati, sorvegliati speciali, soggetti che nutrono un sentimento di odio verso migranti o nomadi”. A minacciare, in certi casi, sono stati anche dipendenti pubblici – o di imprese che avevano appalti con i Comuni – nei confronti dei quali si stavano per prendere, o sono stati presi, dei provvedimenti disciplinari. Ma si è pronti a prendere a pugni o inviare un proiettile per meno. Per un rubinetto a secco e persino per una multa.

SOTTO IL TIRO DI CHI CERCA LAVORO. La mancanza o la perdita di lavoro sono tra le cause principale di violenze nei riguardi degli amministratori. Alcuni esempi? Il 6 febbraio dello scorso anno a Candela (Foggia) il sindaco Nicola Gatta è stato aggredito a pugni in faccia da un uomo che pretendeva di essere assunto dalla cooperativa che si occupa della raccolta differenziata dei rifiuti. L’8 aprile, a Mondragone (Caserta), un disoccupato è entrato in municipio armato di un grosso coltello da cucina urlando di voler uccidere il sindaco, Giovanni Schiappa. Un aiuto economico dal primo cittadino di Racale (Caserta) voleva anche l’uomo che è stato arrestato con l’accusa di essere l’autore di un incendio e dello scoppio di una bomba carta ai suoi danni. Il 4 novembre a Campobasso tre lettere, due con minacce di morte, una con segni di escrementi, sono state recapitate al governatore del Molise, Paolo di Laura Frattura. Contenevano una sorta di ultimatum: “Hai due mesi di tempo per ridarci un lavoro. Se non sarà così ti facciamo a pezzi e la tua famiglia non la vedrai mai più”.

DALLE MULTE ALL’ABUSIVISMO. Tra il personale non politico minacciato direttamente, il 13% dei casi riguarda dirigenti, funzionari e impiegati della pubblica amministrazione. Si tratta di comandanti e agenti di Polizia municipale, responsabili degli uffici tecnici, personale che si occupa dei servizi di fornitura dell’acqua e della raccolta dei rifiuti. In quei 361 episodi elencati c’è davvero di tutto. Sul profilo Facebook del sindaco di Bitonto Michele Abbaticchio, qualcuno ha scritto: “Tu sei un uomo morto che cammina figlio di p…”. Il primo cittadino una spiegazione se l’è data: “Le intimidazioni – testimonia – non ci hanno impedito di continuare a perseguire una certa politica nel settore urbanistico, fermando l’abusivismo edilizio”. Poi ci sono gli affari. Che non si toccano, altrimenti sono guai. Lo sa bene il commissario straordinario di Manfredonia (Foggia) minacciata tre volte in tre mesi da un uomo che voleva ottenere l’appalto per le pulizie di una casa di riposo. E che, non contento, ha picchiato per strada il marito, consigliere comunale.

SE IL BISOGNO SI TRASFORMA IN RABBIA. “La crisi economica che dalla fine degli anni 2000 ha visto aumentare la povertà, le disuguaglianze sociali, la precarietà e la disoccupazione, ha acuito le tensioni sociali”. Ne è convinto il presidente di Avviso Pubblico Roberto Montà che sottolinea il ruolo di “donne e uomini che nella maggioranza dei casi, soprattutto nel Mezzogiorno, vengono colpiti perché si oppongono al perseguimento di interessi particolari”. Offesi, aggrediti, minacciati. La perdita di credibilità e fiducia nella classe dirigente “ha risvegliato nelle persone i peggiori istinti – conclude – e ha alimentato pericolosi populismi”. Forse è per questo che il sindaco di Alimena (Palermo), minacciato più volte, crede che lo Stato possa aiutare prima di tutto creando un fondo per potenziare i servizi sociali: “Abbiamo bisogno di garantire un salario minimo di sussistenza a tutti”.

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