“Ciascuno Stato parte della presente Convenzione riconosce che il dovere di assicurare l’identificazione, la protezione, la conservazione, la presentazione e la trasmissione alle generazioni future del patrimonio culturale e naturale di cui agli articoli 1 e 2 situato sul suo territorio, appartiene in primo luogo allo Stato. Farà tutto il possibile a tal fine, al massimo delle proprie risorse e, se del caso, con tutta l’assistenza internazionale e la cooperazione, in particolare, finanziario, artistico, scientifico e tecnico, che può essere in grado di ottenere”.

Così l’articolo 4 del testo condiviso dalla Conferenza generale dell’Unesco il 16 novembre 1972, con le raccomandazioni riguardanti la protezione a livello nazionale, del patrimonio culturale e naturale. Termini chiari come “identificazione”, “protezione”, “conservazione”, “presentazione” e “trasmissione” richiamati per assicurare parti di paesaggio, materiale e immateriale. Provare a blindarli contro ogni offesa.

Brescia veduta aerea foro

A Brescia non devono conoscere quella Convezione per la protezione del patrimonio mondiale culturale e naturale. Forse, più semplicemente, preferiscono fare finta di niente. Accade che da mesi si succedano i rumors su un riutilizzo di Palazzo Maggi Gambara in una struttura adibita all’accoglienza. Insomma bed and brekfast, hotel, oppure albergo diffuso, poco cambia. Potrebbe sembrare un semplice e tutt’altro che infrequente cambio di destinazione d’uso. Non lo è. Il palazzo fatto edificare alla fine del Quattrocento dai nobili bresciani Maggi si trova nel centro storico della città. Anzi, insiste sui resti della platea del teatro romano e dalle finestre si domina la piazza del foro romano con il Capitolium. Insomma è in posizione molto più che invidiabile. Ma, soprattutto, il palazzo, insieme all’area monumentale con il complesso monastico di San Salvatore-Santa Giulia, è stato dichiarato dall’Unesco patrimonio mondiale dell’umanità e fa parte del sito seriale “Longobardi in Italia. I luoghi del potere”. Circostanza questa che avrebbe dovuto mettere al riparo il Palazzo da riutilizzi fuori da ogni logica.

“Un bed and breakfast all’interno di Palazzo Maggi-Gambara. Questa l’idea cui la Loggia, insieme alla Fondazione Brescia Musei che avrà in gestione l’immobile affacciato sul Capitolium, sta lavorando”, ha riportato il Giornale di Brescia, alcuni giorni fa. La questione centrale è sempre quella della presunta valorizzazione e di risorse insufficienti.

“Il decumano è un punto strategico del turismo culturale. Stiamo lavorando sull’asse che arriva dal viridarium a Santa Maria della Carità. Oggi non abbiamo le risorse per recuperare quegli spazi. Servirebbe un bando, o un project financing dedicato ai privati. Prima però dobbiamo sederci con la Soprintendenza e l’Asl per stabilire con precisione cosa si può fare e cosa no in quei luoghi”, spiegava il vicesindaco e assessore alla Cultura Laura Castelletti all’inizio di giugno. Valorizzazione presunta, a dire il vero. Perché sul fatto che Palazzo Maggi Gambara, come anche Palazzo Pallaveri, vadano riacquistati alla pubblica fruizione non ci sono dubbi. La storia di abbandono dell’immobile sopra il teatro va interrotta. Il palazzo che ha ospitato la sede della caserma dei carabinieri, una scuola elementare, il comando dei vigili urbani e una scuola media, è inutilizzato dal 1956. Le precarie condizioni statiche ne hanno sancito la chiusura. Anche se alcuni lavori hanno interessato sia la copertura che gli esterni. Perplessità semmai riguardano l’idea secondo la quale la valorizzazione non possa che contemplare un suo riutilizzo come impresa ricettiva. I dubbi maggiori vengono proprio da questo cambiamento funzionale. Sconsigliato dal legittimo desiderio di non mortificare i luoghi della propria identificazione culturale. Impedito dalle raccomandazioni dell’Unesco. Soluzione quella del bed and brekfast/albergo diffuso/hotel che non sembra considerare alcuna alternativa. Meglio, che non sembra più contemplarla. Già perché l’indirizzo della Fondazione Musei Brescia, che avrà in gestione il palazzo nel passato recente sembrava differente. Massimo Minini, neo presidente della Fondazione, nel giugno 2014 parlava del palazzo come uno degli spazi nei quali esporre l’espansione delle collezioni civiche.

Se l’operazione di cambiamento di funzione andrà in porto, per qualche turista a Brescia sarà possibile affacciarsi sul foro romano. Un servizio in più in cambio di uno sfregio incalcolabile. Un bene della città che per le sue peculiarità l’Unesco ha voluto inserire nell’elenco dei siti Patrimonio dell’umanità, trasformato in panoramicissime camere da godere. Naturalmente a pagamento. La via ormai sembra quella. La valorizzazione non accetta deroghe.

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