Siamo tra quelli che pensano che il pontificato di Francesco stia segnando una svolta epocale nella direzione di una Chiesa riformata e svincolata dai vecchi schemi ideologici della contrapposizione comunismo e anticomunismo.
Quel mondo non c’è più, e Francesco ha deciso di portare il suo messaggio nelle periferie della povertà e della disperazione, puntando il dito contro la finanza di rapina, contro le guerre e il traffico d’armi, contro ogni forma di sfruttamento.

Nella sua enciclica non si è limitato a condanne generiche, ma ha affondato la critica indicando nella finanza che ha sottomesso la politica, uno dei veri mali del tempo presente, per non parlare dell’egoismo di chi non ha esitato a sfruttare l’ambiente e a privatizzare le risorse naturali pur di accumulare denaro e potere.
Non occorre essere papisti per condividere questa denuncia, senza bisogno per altro di concordare con Francesco su temi rilevanti quali quelli relativi ai diritti civili e alla bioetica.

Non vi è dubbio alcuno che, dentro e fuori la Chiesa, esistano logge e poteri che hanno deciso di colpirlo e di metterlo in condizioni di non nuocere.
Gli interessi e i gruppi oligarchici che si sentono lesi dalla sua azione reagiranno con inaudita perfidia e non escluderanno arma alcuna pur di fermarlo, prima che sia troppo tardi.

Proprio perché stiamo dalla sua parte, non possiamo condividere i toni e i modi scelti da alcuni dei suoi sostenitori nei confronti dei libri pubblicati da Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. I due sono stati accusati di fare il gioco del nemico, di essere stati aiutati da mani e manine massoniche, qualcuno avrebbe persino voluto chiedere il sequestro preventivo del libro, quasi un rogo di antica memoria inquisitoria.

Il direttore di Radio Maria, emittente che non ama Francesco, ha amabilmente proposto di “impiccare” i due cronisti, forse disturbato dalle troppe notizie su affari immobiliari, case, proprietà non dichiarate, uso spregiudicato dei fondi.
Questa strada è sbagliata, nel metodo e nel merito.

Non ci interessa sapere quali siano state le loro fonti (comunque un giornalista fa bene a non rivelarle), ma non vi è dubbio alcuno, che le notizie pubblicate abbiano il carattere del pubblico interesse e della rilevanza sociale, unici requisiti che giustificano la pubblicazione di materiale così delicato.
Come si può negare, in questo caso, l’esistenza di tali requisiti?

Le valutazioni sull’opportunità, sui mandanti, sulle conseguenze sono di natura assolutamente diversa, e sono ovviamente legittime la critiche e le discussioni.
Non è invece legittimo mettere in discussione la liceità della pubblicazione dei due libri e delle relative inchieste.

Peraltro, dal momento che quei documenti già giravano, la non pubblicazione avrebbe comportato un rischio ancora più grave: il loro uso a fini di ricatto e di estorsione..
La pubblicazione ha messo fine al mercato nero della notizia.
Se quel materiale avesse continuato a girare clandestinamente e sottobanco sarebbe stato peggio per tutti, a cominciare da Francesco che ha fatto della trasparenza e della irritualità, il segno distintivo del suo pontificato e, anche per questo, non è amato dagli “incappucciati” di ogni natura e colore.

P.S. Per altro quando Nuzzi pubblicò “Vaticano spa” si sentirono le stesse parole, salvo poi confermare la sostanza del libro.

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