Una norma “senza precedenti”. Una misura così “straordinaria” che, “a voler essere maliziosi”, non si può che pensare a una “compensazione“. Uno scambio con al centro la cruciale partita del riassetto di Cassa depositi e prestiti. Non c’è altra spiegazione, secondo il tributarista Tommaso Di Tanno, per il maxi credito di imposta del 75% che la legge di Stabilità del governo Renzi concede alle fondazioni bancarie sui versamenti che faranno al nuovo fondo per lotta alla povertà educativa. Lo sgravio fiscale, va ricordato, è limitato alla ristretta cerchia degli 88 enti di origine bancaria riuniti nell’Acri, mentre lascia fuori sia le aziende, che possono dedurre le erogazioni al non profit per un ammontare non superiore al 2% del reddito di impresa, sia le persone fisiche, che hanno diritto a una detrazione del 26% sul valore delle donazioni fatte alle onlus.

“Visto che negli ultimi anni le fondazioni di utili ne hanno fatti pochi e tutto fa pensare che andrà così anche nel prossimo futuro, questa sostanziosa agevolazione appare sovradimensionata rispetto alla loro capacità di spesa”, argomenta il fiscalista e collaboratore de lavoce.info. “A voler essere maliziosi, si direbbe che rientri nell’operazione di riordino di Cassa depositi e prestiti iniziata con il siluramento dei vecchi vertici e la nomina di Claudio Costamagna e Fabio Gallia“. Le fondazioni bancarie hanno attualmente il 18,4% dell’ente controllato dal ministero dell’Economia che gestisce il risparmio postale degli italiani. La scorsa estate l’ex presidente Franco Bassanini, indicato proprio dai soci di minoranza, ha perso la poltrona nell’ambito di un riassetto che, chiosa Di Tanno, “nessuno ha capito dove sfocerà. Ma si può pensare che nel ripensamento del ruolo della Cassa rientri anche la ricomposizione della sua compagine azionaria. Le fondazioni, insomma, potrebbero essere invitate a uscire per far spazio a qualcun altro”.

In particolare? “Non credo che il Tesoro abbia interesse a salire al 100%, perché in quel caso il risparmio postale dovrebbe essere computato nel debito pubblico. Ed è stato proprio per ridurre il debito che nel 2003 la Cdp è stata trasformata in una spa”, ricorda il fiscalista. “Però, ora che evidentemente il governo sta ripensando la mission della Cassa, è ben possibile che si pensi per esempio a sostituire le fondazioni con fondi sovrani stranieri: penso a quelli del Kuwait, del Qatar, della Cina. A cui gli enti venderebbero le proprie quote, realizzando una cospicua plusvalenza“. Ed è qui che, nel ragionamento del tributarista, si inserisce la norma inserita nella manovra: “Questo sgravio consente di reinvestire il profitto godendo di una cospicua agevolazione”.

Un do ut des, insomma? “Direi un pactum sceleris (letteralmente patto per il delitto, “accordo tra due soggetti per commettere azioni delittuose”, ndr). Tu fai la plusvalenza, se la intaschi io te la tasso ma se invece la usi per finanziare attività benefiche ti consento di abbattere l’imponibile”. Strumento del “patto”, una misura che il tributarista giudica senza precedenti in Italia e senza corrispettivi in altri Paesi: “Nei Paesi anglosassoni le charity sono totalmente detassate, non sono soggetti di imposta. Ma questo a fronte di una legislazione che vieta loro di svolgere qualsiasi attività imprenditoriale e anche di avere partecipazioni rilevanti in imprese. Al contrario le fondazioni bancarie sono un Giano bifronte che all’attività benefica associa il ruolo di azionista (in alcuni casi ancora di riferimento) di banche di cospicue dimensioni”.

Quanto al fatto che lo sgravio si tratti di una “misura straordinaria” perché è riservato solo a loro, escludendo le altre persone fisiche e giuridiche, il motivo è presto detto: “La perdita di gettito sarebbe stata eccessiva”. Ciò non toglie però che “il governo avrebbe potuto almeno estendere la norma a tutti gli enti non profit: in quel caso si sarebbe potuto dire che l’obiettivo era rimpolpare il più possibile il fondo per la lotta alla povertà coinvolgendo tutti i soggetti che usualmente si occupano di queste attività. Avrebbe avuto una sua razionalità. Davanti a un intervento fatto così, invece, non si può che pensar male“.

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