Quella con Monica è una amicizia difficile, da tanto tempo non ci sentiamo più, l’ultima volta che l’ho vista sono andato a trovarla in un ospedale psichiatrico e le ho fatto un film, il secondo film a lei dedicato, il primo è quello che posto oggi. ” Vieni pure con la videocamera, non ci sono problemi, ho parlato con il responsabile “, non era vero, e mi sono presentato con videocamera e cavalletto, ero talmente sicuro e naturale nel mio modo di fare che il guardiano non mi ha detto nulla, sono entrato e ho filmato Monica nella sua stanza, poi siamo scesi in giardino e ho filmato i degenti dell’ospedale psichiatrico.

Dopo due ore si è presentato il responsabile: “Ma lei che sta facendo? “. Mi sono dovuto subire una sgridata, sono finito in direzione, come quando facevo il discolo a scuola. Ma è uno dei miei film preferiti, sono grato a Monica di avermi mentito, i film rubati sono i migliori, come i baci. Anche questo
è bello, è bello perché Monica è vera nel suo dolore, un dolore che lacera come la perdita di una figlia morta giovanissima, e nel periodo in cui ho girato le immagini Monica stava tentando di vincere il demone dell’alcolismo.

Poi ci è ricascata, ed è finita nell’ospedale psichiatrico. Una lotta senza fine. Lattine di birra per confondere la memoria, per non essere divorata dall’ombra di una figlia che non c’è più ma che esiste, insiste, persiste nella sua anima di madre, eterna madre. Ricordo un episodio, io e Monica ci eravamo appena conosciuti, mi disse che voleva fare l’amore con me, rifiutai con garbo e con la meschinità intima di chi prova desiderio solo per le ” belle fanciulle “, ma diventammo amici, e un giorno un ragazzo la spinse per terra, infastidito dalla sua presenza, io mi alzai e stavo per affrontare quel ragazzo, ma Monica mi fermò con queste parole: ” Lascia stare, mi vuole bene, è un bravo ragazzo “. Ecco, questa è Monica, una persona che vuole bene a chi la spinge per terra e a chi non la chiama più, come il sottoscritto. Ma un giorno ci rivedremo, lei avrà vinto il suo demone, e io le offrirò un succo di frutta alla pesca.

Pensiero del giorno:

Anche stamattina il rito del caffè, questa volta mi sono soffermato sulla grazia di Agostino nel fare i cuoricini con il latte nel caffè. Sono commoventi. L’età, si sa, rende sentimentali. In questo tocco
di calligrafia da espresso, in questo cuoricino di latte sento tutta la dignità di fare bene il proprio lavoro, è un dono, non lo paghi, paghi il caffè, non il cuoricino. Poi tornando a casa ho trovato il signore di 94 anni con gli occhi piccoli, azzurri e gentili che ammiccano da dietro gli occhiali, in ascensore il solito – come va? – e la risposta, anche questa commovente, ” ora faccio un pochetto di fatica a camminare verso l’edicola e a tornare, ma i medici dicono che è normale a 94 anni “. Sì, è normale, caro vecchietto, e mi commuovi ancora mentre mi saluti con un bel sorriso fresco di giovinezza che sale con te all’ultimo piano.

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