A me rode quando mi tagliano la fila facendo finta di non sapere che c’era una fila… Quant’è difficile pronunciare semplicemente le parole “chi è l’ultimo?”. Mi rode, sì. E non solo per il senso di smargiassa furberia ma soprattutto perché poi tocca a me controllare la mia rabbia cercando di non scaricarla alla prima occasione. Perché anche quando non c’è un collegamento intimo fra persone tutti noi siamo interconnessi e volendo o no ci influenziamo reciprocamente. Bisogna iniziare ad essere consapevoli che le nostre azioni possono anche involontariamente avere un impatto sulla vita di qualcun altro.

E’ l’eccesso di individualismo che ci allontana da La Dolce Vita?
Lo so che molti diranno: beh, che scoperta! Ma quanti di noi sanno veramente mettere in pratica principi semplici di buona convivenza?

1. La vita è la mia 

No. La tua vita è di tutte le persone che ti vogliono bene. Ci sono persone a me care che si rifiutano di mettere la cintura in macchina o che mentre guidano leggono FaceBook. E se qualcosa succede a loro? Staranno male solo loro?

La frase ‘la vita è la mia’ funziona solo quando si riferisce alla cura e alla responsabilità di se stessi. Ognuno si porta dentro doni e talenti unici che sarebbero da coltivare e da condividere con gli altri con riguardo. Ma forse la tua vita non è solo di chi ti vuole bene e magari nemmeno solo di chi ti conosce. Nell’Antica Roma quando un arco romano veniva completato, l’ingegnere che lo costruiva ci doveva stare sotto mentre si rimuoveva il ponteggio. Sapeva bene che la sua vita era intimamente intrecciata con quella degli altri. Anche se non correremo mai il rischio di essere schiacciati da un arco, nel momento in cui commettiamo un errore abbiamo ancora la responsabilità personale per le nostre azioni.

2. Ognuno è libero di fare quello che vuole

La cultura occidentale tende a concentrarsi sull’individuo e sui diritti individuali. Diamo per scontato che le persone abbiano il diritto di fare quello che vorrebbero, almeno fino a quando le azioni “libere” non interferiscono con la libertà altrui. Ma quanto è possibile non interferire con gli altri?

I confini delle nostre azioni sono più ampi di quanto noi pensiamo, percepiamo.

È stato dimostrato che gli umani tendono ad imitare le persone con cui interagiscono anche inconsciamente e le recenti ricerche neurologiche sui ‘neuroni specchio’ confermano che le azioni degli esseri umani sono al contempo influenzate e influenti gli uni sugli altri. È la regola generale tra gli scienziati cognitivi: il pensiero inconscio occupa il 95% di tutto il pensiero. Forse è proprio da rivalutare la sola idea della libertà nelle nostre azioni.

Anche se non abbiamo consapevolezza degli effetti che le nostre azioni generano sugli altri, le nostre decisioni hanno sempre e comunque conseguenze positive e negative.

Le azioni di oggi influenzeranno gli altri anche quando non ci saremo più.

Ai funerali è tipico per i partecipanti riassumere e ricordare le azioni del defunto e l’impatto che hanno avuto su ciascuno di loro. È un momento catartico di consapevolezza del fatto che l’esistenza, le azioni del defunto hanno contribuito a cambiare la loro vita per sempre. Ma pochi sono realmente consapevoli nell’affermare che è la stessa cosa anche per i vivi.

3. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio

Sicuramente c’è chi si troverà subito in sintonia con questo proverbio, ma vivierlo nega la coltivazione sia dell’intuito che della collaborazione. Sono molte le persone che affermano di essere oberate di lavoro, costantemente sotto pressione, ma al contempo non riescono a fare l’unica cosa intelligente per alleggerire i propri fardelli: fidarsi di più dell’aiuto degli altri. Affrontano ogni compito significativo da soli perché non si fidano che altri faranno quello che è stato chiesto loro di fare.

Parlando del nuovo paradigma di ‘leadership’ la rivista Forbes sottolinea l’importanza della fiducia nel lavoro. Si parla spesso di “fiducia”, come se fosse una cosa singolare: non lo è. La fiducia è un rapporto che si instaura tra chi è fiducioso insieme a chi si impegna ad essere affidabile. Bisogna essere in due per la fiducia (questo è vero non solo per la fiducia interpersonale, ma anche per la fiducia tra le persone e le Istituzioni). Il ruolo del fiducioso è quello di prendere dei rischi; il ruolo dell’altro  è quello di essere affidabile. Quando ciascuno è abbastanza bravo nei loro ruoli, il risultato è lo stato di fiducia. Infine, la fiducia implica un frequente scambio dei due ruoli; se una parte cerca solo di essere attendibile, ma mai fidarsi, l’altro alla fine smetterà di prendersi tutti i rischi e il rapporto ne soffrirà. Negli ambienti lavorativi è indispensabile la collaborazione fra tutti e per averla è fondamentale un rapporto di reciproca fiducia. La non-fiducia ci allontana dalle persone, dalle relazioni e infine da una vita soddisfacente ed equilibrata.

Come le cellule interagiscono tra di loro comunicando sotto forma di codici e che in un corpo sano sopravvivono grazie alla collaborazione, anche noi potremmo ritrovare questa Dolce Vita avvalendoci della collaborazione, della fiducia e della consapevolezza che ogni nostra azione comporta una reazione.

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