La storia tra Mazda e il motore rotativo è destinata a proseguire, dopo essersi interrotta nel 2011 con l’uscita di produzione della ultima RX-8. Si chiama Skyactiv-R e la Casa giapponese lo ha definito come “motore rotativo di nuova generazione”, piazzandolo sotto il cofano della RX-Vision, la concept di una nuova vettura coupé che ha debuttato oggi al Salone di Tokyo. È difficile non pensare che questo prototipo si trasformi in auto di serie, anche perché le linee non sono di quelle “impossibili” e comunque rispettano il family feeling delle altre Mazda. Le sue proporzioni sono quelle classiche dei coupé con motore anteriore e trazione posteriore, sebbene le ruote dallo smisurato numeri di pollici risultino quasi troppo grandi rispetto alla linea della carrozzeria, una caratteristica tipica di moltissimi concept. Ma, design a parte, il messaggio forte che quest’auto manda è che Mazda non ha smesso di credere in quello che è “probabilmente il simbolo più rappresentativo dello spirito dell’azienda”, anche se non sono ancora disponibili specifiche tecniche.

In effetti, Mazda e il motore rotativo (anche detto Wankel dal nome dell’ingegnere che lo inventò) hanno una lunga storia, che ha avuto il suo momento più alto nella vittoria della 24 Ore di Le Mans del 1991 con la Mazda 787B. Quanto ai modelli di produzione, invece, è la RX-7 quella che ha riscosso più successo tra il 1978 e il 2002, con una produzione globale di oltre 800.000 unità. Con l’uscita di scena della RX-8 però, questo particolare tipo di propulsore è sparito anche dal mercato dell’auto ma “Mazda non ha mai cessato le sue attività di ricerca e sviluppo in questo campo”. Un messaggio chiaro, che potrebbe portare a un ritorno nel prossimo futuro e che starebbe a significare che i problemi congeniti del motore rotativo sono stati risolti o quantomeno ridotti al minimo. I Wankel, infatti, muovono l’albero non grazie al movimento alternativo dei pistoni ma attraverso la rotazione di rotori triangolari, il che li porta a essere più leggeri, semplici e performanti (sono stati vietati in quasi tutte le competizioni) rispetto ai motori tradizionali, ma anche meno affidabili e più inquinanti. Chissà che gli ingegneri giapponesi non abbiano avuto qualche idea geniale.

Articolo Precedente

Honda Africa Twin 1.000, la “regina del deserto” ritorna dopo dodici anni – FOTO

next
Articolo Successivo

Salone di Tokyo 2015, il ritorno della “micro Suv” Suzuki Ignis – FOTO

next