È ufficiale: il 15 giugno 2017 scatta il divieto di applicare tariffe roaming nell’utilizzo dei telefoni cellulari nell’Unione europea. La fine del sovrapprezzo per chi telefona, naviga, scarica la posta elettronica o si connette a Facebook e Twitter in Europa ha, infatti, ottenuto da Strasburgo il sì definitivo in seconda lettura. I dettagli erano già noti da prima dell’estate, ma questa approvazione rappresenta certamente una buona notizia per tutti i consumatori che tra 20 mesi inizieranno a pagare telefonate e Internet con le tariffe domestiche anche quando viaggiano in un altro Paese europeo. E se il Parlamento Ue negli ultimi anni, dopo estenuanti battaglie, non è riuscito ad eliminare il roaming già nel 2015 a causa della resistenza del Consiglio dove è forte la voce degli operatori, già da aprile 2016 si potrà comunque cominciare a beneficiare di forti sconti: gli operatori telefonici saranno, infatti, costretti a sforbiciare già un po’ le tariffe. Quindi, i tetti attualmente in vigore quando si va all’estero (0,19 euro al minuto per le chiamate, 0,06 euro per ogni sms inviato e 0,20 euro per ogni megabyte di dati scaricato) saranno rimpiazzati da un costo extra massimo di 0,05 euro al minuto per le chiamate, 0,02 per gli sms e 0,05 per megabyte per i dati. Il tutto Iva esclusa.

“L’abolizione delle maggiorazioni per il roaming – ha detto la relatrice Pilar del Castillo (PPE, ES) – è stata a lungo attesa da tutti: la gente comune, le start-up, le pmi e tutti i tipi di organizzazioni”. Un entusiasmo a cui si contrappongono le parole di Dario Tamburrano, eurodeputato M5S e relatore ombra del provvedimento al Parlamento europeo. “Oggi – ha spiegato – avrei voluto votare per l’abolizione immediata e senza condizioni dei costi del roaming, in modo da rendere l’Europa un continente davvero connesso. Purtroppo l’accordo raggiunto è farlocco, perché cede a un’abolizione del roaming ritardata e condizionata in cui le compagnie telefoniche potranno scaricare i mancati profitti sulla maggioranza dei cittadini, compresi coloro che non lo utilizzano, non sanno cosa sia o non viaggiano mai all’estero, sempre più numerosi in un continente in crisi”. Dello stesso parere anche i Verdi che parlano di consumatori “fregati”.

E il rischio che questo pacchetto di riforme possa ritorcersi contro i consumatori riguarda anche l’approvazione delle disposizioni sulla net neutrality, letteralmente la neutralità della rete. Il principio è abbastanza semplice: tutto il traffico su Internet deve essere trattato allo stesso modo, senza creare corsie preferenziali per fare in modo che un contenuto sia caricato più velocemente di un altro o che un provider possa bloccare o rallentare l’accesso a particolari siti o servizi online. Ad esempio, significa che l’accesso al sito web di una start-up non sarà rallentato per favorire compagnie più grandi o che nessun servizio sarà discriminato perché non paga tasse aggiuntive ai provider Internet. Ma, secondo i critici, le nuove norme hanno numerosi limiti e punti oscuri e gli operatori potranno di fatto rendere Internet “a due velocità”, con alcuni servizi favoriti (per velocità e condizioni economiche) rispetto ad altri, e di fatto distorcere la libertà della rete.

Così se è vero, come dice il commissario Ue all’Economia e società digitali Gunther Oettinger, “che con il voto odierno, per la prima volta, l’Europa ha norme a tutela della neutralità della rete”, gli stessi detrattori si chiedono come mai il Parlamento non abbia approvato un emendamento che chiaramente blocchi qualsiasi tipo di scappatoia. L’Ue ha, infatti, deciso che l’accesso a Internet sia libero, fatta eccezione per i “servizi specializzati” (che includono anche le applicazioni in ambito sanitario) e per quelli innovativi (ad esempio la tv via web), prevedendo clausole di salvaguardia a difesa degli operatori che, nel caso di abusi, potranno recuperare i costi.

Poi c’è il caso delle offerte in “zero rating” come Spotify o SkyGo, vale a dire quelle promozioni che permettono di accedere ad alcuni servizi senza far consumare in breve tempo il traffico previsto nel pacchetto dati sottoscritto. Il rischio è che le grandi imprese saranno in grado di offrire alta qualità dei servizi a prezzi vantaggiosi, mentre le piccole, dalle risorse limitate, non potranno neanche competere. Una discriminazione che potrebbe realizzarsi anche con l’introduzione delle classi di servizio, visto che gli operatori possono definire quali servizi sono più veloci di altri e privilegiarli. Infine, c’è la questione della “policy di traffic management”. Sempre i gestori, per prevenire una congestione, possono decidere di rallentare certi servizi in qualsiasi momento. Ma nessuno controllerà se il problema è reale.

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