E dunque si è svolta a Sanremo la trentanovesima edizione del Premio Tenco, quest’anno interamente dedicata a Francesco Guccini. Il programma prevedeva che dal 22 al 24 ottobre si sarebbero festeggiati i settantacinque anni di un capostipite, dunque è stata una edizione speciale per omaggiare uno dei pilastri assoluti della canzone d’autore italiana e consegnare le Targhe Tenco 2015. Davvero tante e seguite da un pubblico molto numeroso le iniziative, gli incontri, i dibattiti intorno alle canzoni del Maestrone di Pavana nella nuova sede del Club Tenco, inaugurata per l’occasione. E poi le tre sere di spettacolo in un Teatro Ariston caloroso e gremito. Va da sé che, in un Paese appena decente, eventi come questi dovrebbero essere trasmessi in prima serata (o almeno in una degna seconda) dalla TV di Stato. È invece sconcertante la sistematicità con la quale vengano ignorati. Anche perché in tre sere, per giunta non precisamente sul palco dell’auditorium di una parrocchia di periferia, si è esibita buona parte del meglio della canzone italiana.

Tra gli omaggi a Guccini e i set di canzoni proprie, alcune cose vanno ricordate più di altre. Sicuramente va citata La Scapigliatura, vincitrice della Targa Tenco opera prima, duo sobrio ed elegante, dalla scittura raffinata. Gradevolmente emozionata Cristina Donà, che dopo aver ritirato la Targa Tenco per la miglior canzone dell’anno a “Il senso delle cose”, ha dato prova, se ancora ce ne fosse bisogno, di avere anche ottime doti da interprete pura, fra l’altro nella delicatissima versione di “Stelle” di Guccini.

Da consegnare all’archivio storico del Club Tenco l’esibizione di Roberto Vecchioni, che ha omaggiato l’amico Guccini recitando la struggente “Bisanzio“, brano che si presta a qualunque tipo di talentuosa scomposizione. È stata una bella conferma Bobo Rondelli, cantautore livornese capace di unire profonlapressdità d’autore al più basso e provocatorio ciarpame che intrattiene e scuote. Regina del rock duro invece Carmen Consoli, che si è esibita con un trio chitarra-basso-batteria completamente al femminile e molto elettrico, sfociando anche nel metal di denuncia e solida sfrontatezza. Questo Tenco 2015 è stato un continuo crescendo, e infatti nell’ultima sera non c’è stato qualcosa che non abbia convinto. Dalla partenza con i Têtes de bois a due momenti su tutti: il cantautore canadese Bocephus King che ha eseguito una sorprendente cover in inglese di “Autogrill”, e Giovanni Truppi, cantautore assolutamente virtuoso e comunicativo a un tempo.

La Rassegna è stata chiusa dai musicisti di Guccini, sul palco a eseguirne le canzoni con Juan Carlos “Flaco” Biondini alla voce (gucciniana) e ovviamente alla chitarra, e dai ringraziamenti del festeggiato, poco prima di chiudere il sipario. L’ultima canzone è stata “La locomotiva“, come sempre. Ciò che rimane (e rimane molto) è sicuramente la sensazione che il mondo delle canzoni alla fine dei conti non possa prescindere dalla sapienza di scrittura. Questa è la lezione di Guccini. I vari rifacimenti che lo omaggiavano sul palco dell’Ariston non facevano altro che evidenziare la calibrata perfezione formale della maggior parte dei pezzi, ovviamente nelle parole, ma anche nella bellezza funzionale, narrativa e lirica degli accordi e della melodia. Il guaio è che questo aspetto al tempo dei talent show è attualmente anacronistico e ai bordi della realtà.

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